venerdì 26 gennaio 2018

Trieste - la città nuova

Trieste. Il Borgo Teresiano nel 1806 con i lotti urbani già completamente edificati rappresentati nella mappa di Ferdinando Klausberger (archivio del Comune di Trieste)

Trieste, sito fortificato dell'età del ferro, poi Tergeste romana, città bizantina e borgo medievale, fu sempre condizionata dalla sua particolare posizione geografica che la eleggeva quale uno dei punti privilegiati di collegamento tra mondo mediterraneo e Europa centrale. Il suo destino politico, dalla dedizione del 1382 in poi, fu strettamente legato a quello dei “Domini Ereditari” della Casa d'Asburgo, mentre la sua vocazione commerciale generò un rapporto spesso conflittuale con la vicina e potente Repubblica Veneta. Questa concomitanza di fattori, unitamente alla progressiva decadenza di Venezia e dell'impero Ottomano ed alla crescente potenza asburgica, fu uno dei principali fattori della profonda trasformazione subita dalla città successivamente al XVIII secolo. L'espansione territoriale degli Asburgo, avviata successivamente alla battaglia di Vienna del 1683 e consolidata con i trattati di Carlowitz (1699) e Passarowitz (1718), aveva interessato vasti seppur eterogenei territori, ponendo le basi per la nascita e lo sviluppo di una nuova potenza continentale. Carlo VI, imperatore dal 1711, nel tentativo di dare un diverso impulso organizzativo alla complessa realtà territoriale che si era venuta a creare, diede avvio ad un'opera di trasformazione della struttura medievale e feudale dei propri possedimenti, seguendo la traccia del nuovo mercantilismo già percorsa dalle principali nazioni europee. La conseguente evoluzione economica, pur rallentata da remore protezionistiche e lentezze burocratiche, facilitò l'apertura di autonome vie di comunicazione marittima, in aperta contrapposizione alla ormai decadente talassocrazia veneziana. 


Trieste. Il golfo, la città murata, le saline e il territorio circostante, rappresentati in una mappa del 1718 (archivio del Comune di Trieste)
Trieste, che sino a quel momento aveva conservato, entro le sue mura, la struttura del borgo medievale, e un'organizzazione basata sui proventi delle saline e su una misurata economia commerciale, venne proclamata porto franco (18 marzo 1719), in seguito ad una vincente competizione con altri siti portuali dell'Impero.



Trieste. Il borgo murato e le saline in una stampa del Valvasor (1689)

Questo evento provocò, negli anni seguenti, una profonda trasformazione della città, che divenne, assieme a Fiume e similmente a Ostenda, che dal nord Europa gestiva i rapporti con le Indie ed il Sud America, centro privilegiato per lo scambio commerciale tra l'impero asburgico e il bacino mediterraneo e danubiano. L' incremento demografico e le necessità operative che ne derivarono resero evidente l' inadeguatezza delle infrastrutture e del sistema politico e gestionale esistente, e la conseguente urgente necessità di un deciso ampliamento del perimetro edificato da realizzare e condurre sulla base delle emergenti esigenze funzionali. Nacque quindi l' idea della nuova città che, inizialmente denominata “Distretto Camerale”, doveva crescere in adiacenza al borgo murato, sul sito delle saline espropriate ed interrate, ed essere direttamente dipendente, dal punto di vista amministrativo e gestionale, dal potere centrale; la sua struttura urbanistica ed architettonica fu ispirata dalla collaudata e severa funzionalità delle città emporiali nordeuropee, seppure mitigata dai concetti della progettazione urbana insiti nelle nascenti ideologie neoclassiche. 


Trieste. Schema  planimetrico del Distretto Camerale (da Trieste l' architettura neoclassica - F.Caputo, R.Masiero)

Il progetto, redatto dall'architetto friulano Giovanni Fusconi (Ispettore delle Regie Fabbriche), venne approvato definitivamente nel 1736; esso prevedeva la realizzazione, sulla spianata delle saline, di 43 isolati ordinati da una pianta geometrica a scacchiera, ove i gruppi edificati venivano suddivisi e separati da 19 canali navigabili. La viabilità interna, garantita nella sua continuità dalla presenza di 34 ponti, dava accesso a oltre dieci chilometri di banchine dedicate alle operazioni di carico e scarico delle merci. Il progetto, pur costituendo l' effettivo avvio della trasformazione della città, non venne mai realizzato nelle forme previste; la carenza di adeguati finanziamenti aveva infatti ben presto portato all'abbandono della costosa realizzazione dei canali navigabili ed alla conseguente semplice occupazione edilizia dei lotti geometrici della nuova struttura urbana, mentre la morte di Carlo VI, nel 1740, e i problemi derivati alla figlia, la giovane regina Maria Teresa, dalla guerra di successione austriaca (1740 – 1748), si aggiungevano quale ulteriore seppur momentaneo freno allo sviluppo dei maggiori interventi di trasformazione. 


L' Imperatrice Maria Teresa in un ritratto del 1759 di Martin van Meytens 

Maria Teresa, dopo la pace di Aquisgrana del 1748, riprese il discorso relativo all'organizzazione commerciale asburgica e con esso la sistemazione della struttura emporiale triestina. Se da un lato la politica teresiana tendeva a ridimensionare alcune delle previsioni paterne, dall'altro si curò di emanare una serie di norme (Haupt Resolution del 29 novembre 1749) mirate al rilancio e alla riorganizzazione della struttura urbana e del suo circondario. La riproposizione del regime di porto franco per l' intera città nel 1766 e la sua estensione territoriale nel 1769, diedero nuovo vigore alle attività economiche e un conseguente impulso alle realizzazioni edilizie. 


Trieste. Opere di palificazione ed interramento nel Distretto Camerale. 

Già nel giugno del 1754, con l' avvio dei lavori di scavo di uno dei canali navigabili da parte dell'ingegnere idraulico veneziano Mattio Pirona, veniva data una seppur parziale attuazione al progetto del Distretto Camerale; il Borgo nascente, che progressivamente assumeva la denominazione di Borgo Teresiano, sopperiva alla totale carenza di alloggi della Città Vecchia, permettendo l' insediamento di una nuova, eterogenea, classe di commercianti, provenienti dalle circostanti regioni italiane, dall'Europa centrale, dalla Grecia e dai Balcani. La crescita dell'edificato, contenuta entro i limiti delle saline interrate, si sviluppò entro lo schema ortogonale inizialmente predisposto per il Distretto Camerale, pur procedendo con continui ripensamenti e riprogettazioni. Ai canali che ordinavano l'originale schema urbano, si sostituirono man mano, tranne che nel suddetto caso del Canal Grande, larghe strade che fiancheggiavano i nuovi isolati residenziali; il carattere inequivocabilmente utilitario di questi edifici, veniva denunciato dalle scarne architetture e dalla presenza, al piano strada, dei magazzini e laboratori per la conservazione e la lavorazione delle merci. Lungo il Canal Grande, divenuto elemento regolatore dell'intero quartiere, si apriva l'unica piazza esistente; a questo “vuoto” si giustapponeva il primo edificio della chiesa di S. Antonio la cui riedificazione ottocentesca, diverrà un importante esempio della “nuova” architettura neoclassica e significativo fondale scenografico dell'asse visivo che, dalle rive, si addentrava nel contesto urbano. 


Trieste. Il Canal Grande in una immagine di fine '800.

Due anni dopo l' apertura del canale (1758), tutta la parte delle ex saline compresa tra la sua riva destra e la Città Vecchia, risultava edificata. Dopo la stasi conseguente alla guerra dei sette anni (1756 – 1763), gli interramenti e l' attività edificatoria proseguirono con intensità pure negli spazi situati oltre la riva sinistra; in tale contesto molte furono le realizzazioni atte a dotare la città di adeguate infrastrutture pubbliche, quali il Lazzaretto di Santa Teresa, l' ospedale (1769), il macello (1780) la nuova strada Trieste – Lubiana (1779). Il sostanziale fallimento dei tentativi di attuare una fusione ed integrazione tra la Città Vecchia e la nuova realtà portò, nella seconda metà del secolo, alla necessità di individuare nuove direttrici di sviluppo in grado di far fronte alla tumultuosa crescita urbana. Queste impellenti finalità, vennero supportate dallo smantellamento della proprietà immobiliare ecclesiastica operata da Giuseppe II dopo la morte della madre Maria Teresa e dal conseguente riutilizzo dei fondi di proprietà degli ordini monastici che occupavano i terreni posti a sud-ovest dell'ambito urbano. 

Trieste. I lotti del "fronte mare" interessati alla realizzazione del Borgo Giuseppino, rappresentati nella mappa del 1806 di Ferdinando Klausberger (archivio del Comune di Trieste)

La vendita dei terreni espropriati al clero e la loro edificazione, avviata alla fine del secolo su progetto del 1788 dell'architetto Domenico Corti, diede origine al Borgo Giuseppino, il secondo della città nuova, che si aggregava, lungo la riva del mare, alla città costruita sulle saline ed all'area prospiciente la Porta Cavana della Città Vecchia. Un ulteriore atto della formazione della nuova città, si concretizzava con la realizzazione del terzo Borgo che, con il consueto ossequio al sovrano regnante (Francesco II), fu denominato Franceschino. La sua nascita, conseguente al decreto del 18 marzo 1796, portò la città a svilupparsi con nuovi 89 lotti di compatto edificato lungo il suo perimetro nordorientale in direzione delle pendici del colle di San Luigi. La conclusione del XVIII secolo portò alla parentesi napoleonica ed alla fine della Repubblica di Venezia che, divenuta nel 1815 dominio asburgico, lasciava campo libero a Trieste che si apprestava a divenire, nel corso dell'Ottocento, il principale ed incontrastato porto dell'Adriatico.


Trieste. Mappa del 1858 nella quale vengono indicati i tre nuovi borghi: Teresiano, Giuseppino e Franceschino. (Archivio del Comune di Trieste)