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Sebenico, fortezza di San Nicolò, particolare del bastione (foto Carlo Nicotra) |
Nel
1522 la città di Skradin, l'antica Scardona, colonia liburnica ed
importante città romana situata sulla riva destra del canale della
Cherca, dal 1116 sede vescovile e controllata da Venezia dal 1411, capovia di una fitta rete stradale che collegava la costa alla valle della Sava, cadde in mano agli eserciti turchi che da tempo erano impegnati nella
sistematica occupazione militare dei territori della Bosnia e
dell'entroterra dalmato. Questo fatto, già determinante per gli
equilibri strategici della regione, si inseriva nell'ampio contesto
dei conflitti tra la Serenissima e l'impero ottomano e costituiva un
importante vulnus
nelle condizioni di sicurezza delle regioni costiere e un concreto
pericolo per le città che, durante la prima metà del secolo XV,
erano finite sotto l'egida della Repubblica.
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La cittadina di Scardona in una immagine di fine Ottocento |
Il conseguente
squilibrio venutosi a creare in merito al controllo delle rotte
commerciali nell'Adriatico, portò Venezia a varare, nel periodo
compreso tra il XV e il XVII secolo, un programma per la
realizzazione di numerose importanti nuove opere di fortificazione a
protezione dei principali siti veneti della costa dalmata. L'area di
Sebenico venne particolarmente interessata dagli interventi, che
trasformarono la città ed il suo immediato retroterra, in un
importante caposaldo militare e rafforzarono il suo ruolo di punto
d'appoggio per i traffici commerciali marittimi. La scelta operata
derivava dalla collocazione geografica della città, strategica per
il controllo delle rotte adriatiche e dalle sue particolari
caratteristiche insediative; all'area portuale di Sebenico infatti,
costituita dalla vasta e strategica rada posta alla foce della
Cherca, si accedeva unicamente attraverso l'angusto canale di
Sant'Antonio le cui caratteristiche fisiche garantivano una efficace
difesa naturale. Lo stretto, già peraltro protetto da due torri
edificate in periodo medievale e da una catena dotata di lame di
ferro che ostacolava il passaggio alle navi indesiderate, venne
prescelto quale idoneo sito da utilizzare per incrementare il
potenziale difensivo della città.
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Mappa storica di Sebenico (Civitate Orbis Terrarum 1575 map II - 52) |
Dopo le prime ipotesi avanzate,
che prevedevano un semplice consolidamento delle strutture già
esistenti, maturò l'idea della realizzazione di un nuovo complesso
fortificato che doveva costituire un ostacolo difficilmente
superabile da un nemico che volesse avvicinarsi dal mare al porto
ed alla città; l'isolotto di Ljuljevac, ove sorgeva il monastero
benedettino di San Nicola, venne prescelto quale idoneo sito per
edificare la nuova struttura.
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Sebenico, particolare della mappa storica del 1575 con l' evidenza del Canale di Sant'Antonio, il forte di San Nicolò, la punta di Sant'Andrea e le due fortificazioni medievali a presidio dello stretto. |
Nonostante la decisione (datata
30 aprile1525), fosse stata presa alcuni anni dopo la caduta di
Scardona, la realizzazione materiale degli interventi non seguì un
iter altrettanto celere; appena nel 1540 infatti, Giangirolamo
Sanmicheli, nipote di Michele, affermato architetto militare della
Stato Veneto, (Michele si formò con Giuliano e Antonio da Sangallo,
precursori delle cosiddette ”fortificazioni alla moderna” e fu
progettista di importanti opere militari a Venezia, quali il forte di
Sant'Andrea al Lido, ed altri nei territori dello Stato
de tera
e dello Stato
de mar
quali Zara, fortezza di Orzinuovi ecc.) progettò un piano di difesa
complessivo che includeva sia il miglioramento dell'intero sistema di
fortificazione cittadino, sia la costruzione della nuova struttura
difensiva sul canale di Sant'Antonio. Giangirolamo a Ljuljevac fece
predisporre l'apparato fondazionale della fortezza utilizzando la
pietra bianca locale, ma sviluppò le bastionature con l'utilizzo dei
mattoni, che riteneva materiale maggiormente elastico ed atto a
resistere, se operato con le dovute caratteristiche costruttive,
all'impatto delle nuove artiglierie.
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Fortezza di San Nicolò, particolare del basamento in pietra bianca e della cortina muraria in mattoni (foto Carlo Nicotra) |
La tecnologia della muratura in
mattoni, comunemente utilizzata per molte fortificazioni veneziane
dell'epoca, risultava insolita ed innovativa per il territorio
dalmata, come inusuali apparivano pure la
struttura e gli spazi operativi che vennero formati con concetti
evoluti rispetto ai modelli tradizionali; all'impianto che sfruttava
planimetricamente, con due bastioni a tenaglia, la forma triangolare
del sito, si aggiungeva sul vertice un' ulteriore fortificazione a
base circolare che il Sanmicheli denominava Torion;
all'interno del recinto murato era collocata una piccola piazza e
adiacente ad essa la cappella, realizzata probabilmente sul sito
della ex chiesa conventuale; il Torion
si protendeva verso il braccio di mare di Sant'Antonio, di fronte al
faro di punta Sant'Andrea, ove il canale presentava una strettoia.
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Planimetria della fortezza di San Nicolò in una riproduzione di Vincenzo Coronelli (1667) |
La
più evidente particolarità dell'edificio, oltre all'impianto
planimetrico a base triangolare (che peraltro trovava diversi altri
coevi esempi – vedi ad esempio la fortezza di Sarzanello
del 1493, la rocca di
Ostia del 1482, il castello di Aquino
a Rocchetta Sant'Antonio
del 1507, la fortezza di
Sisak del
1544 e la fortica di Otočac
del 1619) era costituita dalla
totale assenza dell'usuale sistema di torri quale primo piano
difensivo. Questo fatto, unitamente alla notevole altezza del muro di
cinta, dei bastioni e del Torion,
caratterizzava
con vigore l'aspetto complessivo della struttura proponendo,
specie sul lato del mare, un unico spazio imponente e minaccioso,
dissuasore preventivo di qualsiasi atto ostile.
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La fortezza vista dal canale di Sant'Antonio ( foto Carlo Nicotra ) |
Sulle murature del
lato postico l'impostazione cosiddetta “a corno o tenaglia” si
poneva quale uno dei primi casi compiuti nel contesto dell'architettura
militare veneziana e caratterizzava ulteriormente la forma finita
dell'opera. La
struttura, pienamente operativa dopo il 1546 ed inserita nel contesto
delle fortificazioni venete di Sebenico (che comprendevano pure in
aggiunta alla cerchia murata cittadina la fortezza di San Michele -
tvrđava
Sv. Mihovila,
distrutta nel 1221 dai cittadini sebenzani e ricostruita col nome di
castello di Sant'Anna o forte di Sant'Anna
- trdava
Sv. Ana;
la fortezza di San Giovanni - tvrđava
Sv. Ivana,
eretta dai Veneziani nel 1646 a quota 125 m. e la fortezza del Barone
- tvrđava
Šubićevac,
così chiamata in memoria del barone Christoph Martin von Degenfeld
che la fece erigere nel 1646) venne presidiata da una guarnigione
permanente ed armata con 32 cannoni, ma non venne mai coinvolta, se
non marginalmente, in alcuna operazione militare.
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Sebenico, forte di Sant'Anna (foto Carlo Nicotra) |
L'edificio,
utilizzato sino alla caduta di Venezia del 1797 venne successivamente
occupato dalle truppe napoleoniche e dagli austriaci, rimase
vincolato al patrimonio demaniale per venire completamente dismesso
solo nel 1979. Successivamente le sue strutture vennero parzialmente
riattate per essere adibite ad utilizzi turistici e culturali. Dal
9 luglio 2017 il forte di San Nicolò è stato riconosciuto
dall'UNESCO
quale
patrimonio mondiale dell'umanità
nel contesto
del sito transnazionale delle Opere di difesa veneziane tra XVI e
XVII secolo: Stato da Tera – Stato da Mar Occidentale.