martedì 16 aprile 2019

La fortezza di San Nicolò a Sebenico

Sebenico, fortezza di San Nicolò, particolare del bastione (foto Carlo Nicotra)

Nel 1522 la città di Skradin, l'antica Scardona, colonia liburnica ed importante città romana situata sulla riva destra del canale della Cherca, dal 1116 sede vescovile e controllata da Venezia dal 1411, capovia di una fitta rete stradale che collegava la costa alla valle della Sava, cadde in mano agli eserciti turchi che da tempo erano impegnati nella sistematica occupazione militare dei territori della Bosnia e dell'entroterra dalmato. Questo fatto, già determinante per gli equilibri strategici della regione, si inseriva nell'ampio contesto dei conflitti tra la Serenissima e l'impero ottomano e costituiva un importante vulnus nelle condizioni di sicurezza delle regioni costiere e un concreto pericolo per le città che, durante la prima metà del secolo XV, erano finite sotto l'egida della Repubblica. 

La cittadina di Scardona in una immagine di fine Ottocento

Il conseguente squilibrio venutosi a creare in merito al controllo delle rotte commerciali nell'Adriatico, portò Venezia a varare, nel periodo compreso tra il XV e il XVII secolo, un programma per la realizzazione di numerose importanti nuove opere di fortificazione a protezione dei principali siti veneti della costa dalmata. L'area di Sebenico venne particolarmente interessata dagli interventi, che trasformarono la città ed il suo immediato retroterra, in un importante caposaldo militare e rafforzarono il suo ruolo di punto d'appoggio per i traffici commerciali marittimi. La scelta operata derivava dalla collocazione geografica della città, strategica per il controllo delle rotte adriatiche e dalle sue particolari caratteristiche insediative; all'area portuale di Sebenico infatti, costituita dalla vasta e strategica rada posta alla foce della Cherca, si accedeva unicamente attraverso l'angusto canale di Sant'Antonio le cui caratteristiche fisiche garantivano una efficace difesa naturale. Lo stretto, già peraltro protetto da due torri edificate in periodo medievale e da una catena dotata di lame di ferro che ostacolava il passaggio alle navi indesiderate, venne prescelto quale idoneo sito da utilizzare per incrementare il potenziale difensivo della città.

Mappa storica di Sebenico (Civitate Orbis Terrarum 1575 map II - 52)

Dopo le prime ipotesi avanzate, che prevedevano un semplice consolidamento delle strutture già esistenti, maturò l'idea della realizzazione di un nuovo complesso fortificato che doveva costituire un ostacolo difficilmente superabile da un nemico che volesse avvicinarsi dal mare al porto ed alla città; l'isolotto di Ljuljevac, ove sorgeva il monastero benedettino di San Nicola, venne prescelto quale idoneo sito per edificare la nuova struttura. 


Sebenico, particolare della mappa storica del 1575 con l' evidenza del Canale di Sant'Antonio, il forte di San Nicolò, la punta di Sant'Andrea e le due fortificazioni medievali a presidio dello stretto. 

Nonostante la decisione (datata 30 aprile1525), fosse stata presa alcuni anni dopo la caduta di Scardona, la realizzazione materiale degli interventi non seguì un iter altrettanto celere; appena nel 1540 infatti, Giangirolamo Sanmicheli, nipote di Michele, affermato architetto militare della Stato Veneto, (Michele si formò con Giuliano e Antonio da Sangallo, precursori delle cosiddette ”fortificazioni alla moderna” e fu progettista di importanti opere militari a Venezia, quali il forte di Sant'Andrea al Lido, ed altri nei territori dello S
tato de tera e dello Stato de mar quali Zara, fortezza di Orzinuovi ecc.) progettò un piano di difesa complessivo che includeva sia il miglioramento dell'intero sistema di fortificazione cittadino, sia la costruzione della nuova struttura difensiva sul canale di Sant'Antonio. Giangirolamo a Ljuljevac fece predisporre l'apparato fondazionale della fortezza utilizzando la pietra bianca locale, ma sviluppò le bastionature con l'utilizzo dei mattoni, che riteneva materiale maggiormente elastico ed atto a resistere, se operato con le dovute caratteristiche costruttive, all'impatto delle nuove artiglierie. 


Fortezza di San Nicolò, particolare del basamento in pietra bianca e della cortina muraria in mattoni (foto Carlo Nicotra)

La tecnologia della muratura in mattoni, comunemente utilizzata per molte fortificazioni veneziane dell'epoca, risultava insolita ed innovativa per il territorio dalmata, come inusuali apparivano pure la struttura e gli spazi operativi che vennero formati con concetti evoluti rispetto ai modelli tradizionali; all'impianto che sfruttava planimetricamente, con due bastioni a tenaglia, la forma triangolare del sito, si aggiungeva sul vertice un' ulteriore fortificazione a base circolare che il Sanmicheli denominava Torion; all'interno del recinto murato era collocata una piccola piazza e adiacente ad essa la cappella, realizzata probabilmente sul sito della ex chiesa conventuale; il Torion si protendeva verso il braccio di mare di Sant'Antonio, di fronte al faro di punta Sant'Andrea, ove il canale presentava una strettoia.



Planimetria della fortezza di San Nicolò in una riproduzione di Vincenzo Coronelli (1667)

La più evidente particolarità dell'edificio, oltre all'impianto planimetrico a base triangolare (che peraltro trovava diversi altri coevi esempi – vedi ad esempio la fortezza di Sarzanello del 1493, la rocca di Ostia del 1482, il castello di Aquino a Rocchetta Sant'Antonio del 1507, la fortezza di Sisak del 1544 e la fortica di Otočac del 1619) era costituita dalla totale assenza dell'usuale sistema di torri quale primo piano difensivo. Questo fatto, unitamente alla notevole altezza del muro di cinta, dei bastioni e del Torion, caratterizzava con vigore l'aspetto complessivo della struttura proponendo, specie sul lato del mare, un unico spazio imponente e minaccioso, dissuasore preventivo di qualsiasi atto ostile. 


La fortezza vista dal canale di Sant'Antonio ( foto Carlo Nicotra )

Sulle murature del lato postico l'impostazione cosiddetta “a corno o tenaglia” si poneva quale uno dei primi casi compiuti nel contesto dell'architettura militare veneziana e caratterizzava ulteriormente la forma finita dell'opera. La struttura, pienamente operativa dopo il 1546 ed inserita nel contesto delle fortificazioni venete di Sebenico (che comprendevano pure in aggiunta alla cerchia murata cittadina la fortezza di San Michele - tvrđava Sv. Mihovila, distrutta nel 1221 dai cittadini sebenzani e ricostruita col nome di castello di Sant'Anna o forte di Sant'Anna - trdava Sv. Ana; la fortezza di San Giovanni - tvrđava Sv. Ivana, eretta dai Veneziani nel 1646 a quota 125 m. e la fortezza del Barone - tvrđava Šubićevac, così chiamata in memoria del barone Christoph Martin von Degenfeld che la fece erigere nel 1646) venne presidiata da una guarnigione permanente ed armata con 32 cannoni, ma non venne mai coinvolta, se non marginalmente, in alcuna operazione militare. 


Sebenico, forte di Sant'Anna (foto Carlo Nicotra)

L'edificio, utilizzato sino alla caduta di Venezia del 1797 venne successivamente occupato dalle truppe napoleoniche e dagli austriaci, rimase vincolato al patrimonio demaniale per venire completamente dismesso solo nel 1979. Successivamente le sue strutture vennero parzialmente riattate per essere adibite ad utilizzi turistici e culturali. Dal 9 luglio 2017 il forte di San Nicolò è stato riconosciuto dall'UNESCO quale patrimonio mondiale dell'umanità nel contesto del sito transnazionale delle Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Tera – Stato da Mar Occidentale.