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Trieste. Palazzo Carciotti, prospetto principale (foto Carlo Nicotra)
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Il
nuovo assetto territoriale venutosi a creare dal 1815, successivamente al
Congresso di Vienna, riportava Trieste, dopo la parentesi
napoleonica e la provvisoria annessione alle Provincie Illiriche, sotto il
controllo dell'impero Asburgico. La riconferma del ruolo di
principale emporio e porto austriaco favorì la ripresa economica e commerciale, il repentino,
consistente, incremento demografico interno ed il riavvio di quella forte corrente immigratoria proveniente dai territori dell'impero e dai più
ampi ambiti mediterranei ed europei, già vista in periodo teresiano. L'impellente necessità di una
rapida crescita urbana, congiuntamente alla conferma, da parte del
governo austriaco, del precedente ordinamento napoleonico, che
estendeva il diritto di acquisto, frazionamento e rivendita
dei terreni edificabili a tutti i privati, diede avvio, alla
realizzazione nella prima metà del secolo di una serie di nuovi
borghi, aggregati alla città nuova già costruita, ad una profonda
opera di ricostruzione ed ampliamento di quanto già edificato e alla
conseguente nascita di una nuova, fortunata, classe di imprenditori.
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Trieste. Planimetria del 1912 di un' area di sviluppo urbano tra il Borgo Teresiano, la Città Vecchia e i nuovi borghi.
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La crescita urbana in adiacenza al Teresiano ed al
Franceschino e la ripresa delle iniziative, atte a
dotare il contesto urbano di adeguati supporti infrastrutturali (nel
1818 viene edificato l'Istituto dei Poveri, nel 1826 la nuova
prigione, nel 1840 termina la costruzione del nuovo ospedale e
all'esterno della città viene realizzato il nuovo cimitero di
Sant'Anna) furono ulteriori stimoli per le imprese commerciali locali, ma anche continentali ed extraeuropee, per avviare crescenti e significative attività legate all'investimento immobiliare.
Conseguentemente la città, nel suo impellente impegno volto a
dotarsi di un adeguato tessuto residenziale e commerciale, scopriva
la necessità di
mostrare con segni evidenti e tangibili l'evoluzione della sua
ricchezza, adottando a tal fine i linguaggi dell' urbanistica e dell' architettura utilizzati, negli ambiti di crescita urbana e nel medesimo contesto temporale, in Italia e nel resto
dell'Europa.
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Claude-Nicolas Ledoux. 1785-1789. Progetto per una "Casa dei sorveglianti del fiume"
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La cultura architettonica nascente, emersa
dalle considerazioni “naturalistiche” esplicitate nel 1753 da
Marc Antoine Laugier nel suo Essai sur l'architecture e
dalle architetture “rivoluzionarie” di Étienne-Louis Boullée e
Claude-Nicolas Ledoux, In Italia trovava riscontro nel pensiero
funzionalistico e scientifico di Carlo Lodoli e Francesco Milizia e
significativa evoluzione in seguito allo studio dei primi
ritrovamenti archeologici ad Ercolano e Pompei (1719 e 1738),
nell'opera di divulgazione operata da Anton Raphael Mengs e Johann
Joachim Winckelmann e nelle visionarie riproduzioni grafiche di
Giovanni Battista Piranesi.
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Giovanni Battista Piranesi. Roma. 1761. Visione interna del Pantheon.
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La
particolare vocazione neoclassica per il rinnovamento architettonico
ed urbano, esplicitata nel radicato neopalladianesimo veneto, dai
pragmatici interventi romani di Giuseppe Valadier, nelle opere di
Pietro Bianchi a Napoli di Leo von Klenze a Monaco, John Nash a
Londra e Karl Friedrich Schinkel a Berlino, si prestava
particolarmente a divenire il nuovo linguaggio atto ad accomunare
lingue e culture di svariate origini nel contesto della emergente e
dinamica realtà emporiale triestina ove, allo sviluppo del tessuto
urbano, si aggiungeva una mirata caratterizzazione architettonica dei
nuovi poli monumentali.
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Napoli. Pietro Bianchi 1816. Basilica neoclassica di San Francesco da Paola in piazza Plebiscito (foto Carlo Nicotra)
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Nasceva così, dall'evoluzione dello
schematico piano del Distretto Camerale, il complesso del Canal
Grande - Piazza del Ponterosso; la prospettiva del canale, che
entrava nel reticolo teresiano, assumeva quale scenografico elemento
di chiusura, la nuova chiesa di Sant'Antonio progettata
dall'architetto ticinese Pietro Nobile.
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Trieste. Canal Grande e chiesa di Sant'Antonio (foto Carlo Nicotra)
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Il suo progetto, vincitore
del concorso del 1808, utilizzava lo schema delle architetture
classiche romane, Pantheon
in
primis,
caratterizzando l'edificio con il monumentale pronao esastilo che
allora si specchiava nelle acque del Canale. La fabbrica, che
sostituiva la precedente chiesa barocca realizzata nel 1767, fu
avviata nel 1828 per concludersi solo nel 1842.
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Trieste. Chiesa di Sant'Antonio, particolare del pronao (foto Carlo Nicotra)
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Nel frattempo, a
poche centinaia di metri di distanza dall'imbocco del Canale, si
andava strutturando un ulteriore polo monumentale cittadino,
costituito dal complesso di piazze urbane che trovava fulcro
architettonico nel nuovo palazzo della Borsa. L'edificio,
progettato dall'architetto maceratese Antonio Mollari, venne
realizzato tra il 1802 ed il 1806 su un lotto a pianta triangolare
che necessitava, data la sua natura paludosa, di importanti opere di
bonifica.
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Trieste. Palazzo della Borsa. Prospetto principale sulla piazza (foto Carlo Nicotra)
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La facciata principale, che si proponeva, a scala urbana,
quale terminale degli assi visivi obliqui che caratterizzavano i
principali accessi viari alla piazza, era organizzata con un
colonnato dorico, ispirato alle architetture del Vignola, completo di
metope e coronato da un timpano; al nuovo edificio si affiancherà successivamente,
quale completamento dell'organizzazione della piazza, l'imponente
Palazzo del Tergesteo, progettato nel 1840 dall'architetto triestino
d'origine belga Francesco Bruyn.
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Trieste. Piazza della Borsa con gli edifici della Borsa e del Tergesteo in una stampa del 1854 (archivio del Comune di Trieste)
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Alla piazza della Borsa, la cui
sagoma planimetrica trapezoidale raccordava l'orientamento ortogonale
del Borgo Teresiano con la parte marginale della Città Vecchia, si
collegava la piazza del Teatro (l'attuale piazza Verdi), ove la
facciata postica del Tergesteo si confrontava con il prospetto
monumentale del Teatro Nuovo. Matteo Pertsch, subentrato nel 1799 a
Gianantonio Selva, primo progettista dell'edificio e già autore del
Teatro La Fenice di Venezia, trovò ispirazione nell'opera di
Giuseppe Piermarini, suo maestro all'Accademia di Belle Arti di
Brera, organizzando la facciata sulle linee architettoniche
neoclassiche che il Piermarini stesso aveva utilizzato nel progetto
del Teatro alla Scala di Milano. Il Teatro Nuovo fu completato nel
1801 assumendo nel 1901 il nome definitivo di Teatro Comunale
Giuseppe Verdi.
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Trieste. Teatro Giuseppe Verdi. Prospetto principale sulla piazza (foto Carlo Nicotra)
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Il terzo elemento urbano del nuovo “centro”
divenne la piazza Grande (già piazza San Pietro e dal 1918 piazza
dell'Unità), il cui sviluppo contribuì a cancellare definitivamente
e completamente l'assetto portuale medievale e le testimonianze storiche ad esse collegate. Sul nuovo spazio,
delimitato dal seicentesco palazzo magistratuale (rifatto nel 1871
dall'architetto Giuseppe Bruni), insistevano gli edifici neoclassici
del palazzo Stratti, realizzato nel 1839 su progetto di Antonio
Buttazzoni e del palazzo Pitteri (Ulderico Moro 1780), mentre
permanevano, sino al 1871, le chiese medievali di San Pietro e Rocco.
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Trieste. Piazza Grande. Palazzo Stratti e chiesa di San Pietro in un' immagine d' epoca
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Immediatamente alle spalle del palazzo municipale, sul sito del
vecchio edificio della Vicedomineria, Pietro Nobile realizzava nel
1815/1817 un palazzo per la famiglia Costanzi che, pur modificato nel
1840 da Valentino Valle, riuscì a conservare le sue austere caratteristiche
neoclassiche originali. La piazza Grande assumerà il suo assetto definitivo,
con la spettacolare
apertura verso il mare del suo quarto lato e con il completamento
della sua cornice architettonica, solamente dopo la seconda metà
dell'Ottocento, in periodo di maturo eclettismo; nonostante i
numerosi piani urbanistici predisposti in tal senso già dagli anni
'20 dell'Ottocento, si diede il via all'interramento del porticciolo
del Mandracchio appena nel 1858, nel 1872 veniva demolita la Locanda
Grande, edificio che insisteva nell'ambito della piazza, mentre per
l'eliminazione del giardino, che ancora occludeva la vista verso il
mare, si doveva attendere l'inizio del secolo XX.
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Trieste. Edifici neoclassici sul fronte mare. Da sinistra: palazzo Carciotti - Hotel de la Ville - chiesa di San Nicolò (foto Carlo Nicotra)
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Si sviluppava, nel
contempo, un ulteriore importante elemento del paesaggio urbano, che,
analogamente alla Piazza Grande, assumerà aspetto compiuto e
definitivo solo in periodo tardo eclettico; sulla linea di costa si
stava infatti strutturando il significativo prospetto architettonico
del “fronte mare” che si proponeva quale sito privilegiato per l'insediamento di nuovi, importanti edifici; tra questi, da ricordare,
il palazzo aulico di rappresentanza che il commerciante greco
Demetrio Carciotti fece edificare nel 1798. Il palazzo, che tuttora porta il
nome del suo primo proprietario, fu progettato dall'architetto Matteo
Pertsch e ampiamente modificato, in corso d' opera, dal ticinese
Giovanni Righetti, sovraintendente alla costruzione. Il suo pregevole
prospetto principale, organizzato con uno zoccolo di pietra bugnata
sovrastato da sei colonne ioniche d'ordine gigante, un attico e la
cupola di gusto neopalladiano, affacciava sulla riva del mare, mentre
il suo lato settentrionale fiancheggiava la parte iniziale destra del
Canal Grande. In adiacenza, sulla stessa linea di fabbrica, furono
edificati l'albergo Metternich, poi chiamato Hotel de la Ville
(Giovanni Degasperi 1839) e la chiesa di San Nicolò dei Greci,
eretta nel 1782 e ristrutturata da Matteo Pertsch nel 1818. Sullo
Scoglio del Zucco, situato all'estremità meridionale dell'arco
costiero urbano, ritroviamo la Lanterna, un ulteriore progetto
redatto in più fasi dal 1824 al 1831 da Matteo Pertsch.
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Trieste. La Lanterna in una stampa della metà dell' Ottocento (archivio del Comune di Trieste)
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L'opera,
costituita da un fusto rastremato dell'altezza di m.33,50 chiuso alla
sommità da un ballatoio a forma di capitello dorico, utilizzava come
base la struttura tronco-conica appartenuta ad una delle
fortificazioni portuali.
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Trieste. La Lanterna |
Tra la fine del Settecento e la prima metà
dell'Ottocento, in città vennero edificati altri importanti esempi
riconducibili ai principi architettonici neoclassici dei quali ci
rimane testimonianza; la Rotonda Pancera venne progettata da Matteo
Pertsch (nome che puntualmente ricorre tra gli artefici del
neoclassico triestino) tra il 1804 ed il 1806.
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Trieste. Rotonda Pancera (foto Carlo Nicotra)
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Egli usufruì
mirabilmente del lotto edificabile triangolare ideando un edificio
nel quale l'angolo acuto, “arrotondato” da una struttura sorretta
da quattro colonne in ordine gigante, generava una sorta di tempio
semicircolare nel quale l'ordine ionico dei capitelli si
contrapponeva al fregio in bassorilievo.
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Trieste. Rotonda Pancera. Particolare del fregio. (foto Carlo Nicotra)
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Altri edifici si possono
individuare nel contesto urbano del Borgo Giuseppino; tra questi la
casa Mauroner Stock (Matteo Pertsch 1821), due palazzi in Piazza
Venezia (Valentino Valle 1834 e Domenico Corti 1832) il palazzo
Vivante (Domenico Corti 1842), ma anche due esempi di ville
preesistenti allo sviluppo di quella parte della città: la villa
Sartorio che, nel 1838, fu ristrutturata da Nicolò Pertsch, figlio
di Matteo e la Villa Necker che, edificata nel 1782 nel contesto di
un preesistente vasto giardino all'italiana (Vincenzo Struppi 1775)
venne riprogettata alla fine del Settecento dal francese Champion,
con accenti stilistici pre neoclassici.
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Trieste. Villa Necker ed il suo contesto in un immagine di I. Heymann del 1802 (archivio del Comune di Trieste)
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Passata
la metà dell'Ottocento, si verificò un generalizzato processo di
modifica delle caratteristiche socio-culturali che avevano dato vita
ai presupposti neoclassici; questa trasformazione, porterà alla
progressiva perdita delle caratteristiche di linearietà e di purezza
funzionale accolti dall'arte neoclassica e che il Laugier aveva
indicato tra i fondamenti culturali dell'architettura. L'evoluzione,
nel pensiero e nella materia, diverrà evidente e significativa anche
a Trieste, ma questo fatto riguarderà il prossimo capitolo.