mercoledì 30 giugno 2021

Spalato una città...un palazzo

Palazzo di Diocleziano a Spalato, particolare del peristilio (foto Carlo Nicotra)

Il 15 settembre 1891 il medico / viaggiatore digionese Albert Robin, ospite a bordo del lussuoso panfilo Namouna sbarcava nel porto di Spalato, tappa di una crociera che, percorrendo la costa dalmata, ne toccava alcuni dei siti culturalmente più significativi. La visita alla città, seppur effettuata in tempi ridotti, consentì al visitatore, di coglierne i significati profondi, comprenderne il genius loci, l'anima palese che da sempre ne aveva segnato gli spazi urbani e le antiche pietre, permeandone l'intima natura e tessitura. Scrive laconicamente ma efficacemente Robin sul suo diario di viaggio:

...Spalato è ancora il palazzo di Diocleziano, tante volte descritto; è una città nel palazzo d’un solo uomo. Presso la cinta, dietro alle vecchie mura, sono state costruite delle case; il tempio di Giove è una cattedrale...

Spalato, l'attuale Split, importante città industriale e scalo portuale della costa croata, rimane tuttora profondamente legata al sito ove, tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C. Diocle, comandante di cavalleria proveniente da una famiglia dalmata di umili origini, acclamato imperatore nel 284 con il nome di Cesare Gaio Aurelio Valerio Diocleziano Augusto Iovio, fece costruire il palazzo che, nel corso della storia, venne sempre accomunato alla sua figura. 

Planimetria ricostruttiva del palazzo 


L’eccezionale edificio, presentava un impianto architettonico ispirato alle strutture militari dei
castra stativa presenti lungo il limes romano ma con gli elementi edilizi riportati ad una scala monumentale ed arricchiti da un apparato decorativo degno delle più sfarzose dimore imperiali; il complesso, fortificato dalle possenti mura in opus quadratum, venne delimitato da un perimetro trapezoidale e organizzato, nell'assetto planimetrico interno, con la “classica” intersezione assiale del cardo e del decumano. I quattro lati murati presentavano le dimensioni di m. 157,50 sul lato sud lungo la riva del mare, m. 150,95 a nord, 191,25 ad est, 192,10 ad ovest; tre delle quattro porte erano protette da una coppia di torri ottagone, la Porta Aurea o Porta septemtrionalis (a nord), la Porta Argentea o Porta orientalis (ad est), la Porta Ferrea o Porta occidentalis (ad ovest); la Porta Aenea, bronzea, o Porta meridionalis aggettante sul mare, a sud, non era protetta da torri. L’apparato murario, la cui altezza raggiungeva i 24 metri e lo spessore di 2 metri, era difeso da ulteriori 10 torri a pianta quadrata distribuite lungo il perimetro. 


Immagine ricostruttiva del complesso palaziale.

Le maggiori emergenze architettoniche del complesso, il tempio di Giove e il mausoleo a pianta ottagona, si incardinavano, analogamente agli spazi delimitati dal peristilio e dal vestibolo, nel punto gerarchicamente più importante del palazzo, all'incrocio tra gli assi viabili del cardo e del decumano; la sala circolare del vestibolo fungeva da collegamento tra gli spazi pubblici delimitati dal peristilio e le residenze imperiali. 


Sala del vestibolo, ingresso nella parte privata del palazzo (foto Carlo Nicotra)

L'evoluzione in chiave urbana del palazzo, avvenuta dopo il VII secolo, portò alla trasformazione del complesso tempio/mausoleo in cattedrale cristiana (San Doimo), ma anche alla conferma della naturale vocazione di spazio di pubblica aggregazione dell'area del peristilio.


La porta aurea ( septemtrionalis) in un'immagine del 1910. 


Diocleziano, in seguito all'incendio e alla conseguente distruzione della sede imperiale di Nicomedia in Bitinia, fece realizzare la nuova grande struttura monumentale da utilizzare quale propria dimora; questa, in ossequio alle sue origini dalmate, venne edificata presso l'importante nodo urbano di Salona, la cesariana Colonia Martia Iulia Salonitana. Il palazzo, dopo la sua compiuta realizzazione (293-305), fu utilizzato dall'imperatore dalla data della sua abdicazione (305), sino alla morte avvenuta nel 313; successivamente l'insediamento continuò ad essere occupato dalla sua famiglia che ne conservò l'uso. La trasformazione del “monumento” in compiuta struttura urbana ebbe inizio dopo il 639 in seguito al progressivo insediamento e stabilizzazione dei profughi provenienti da Salona, investita dall'invasione barbarica degli Avari. Il villaggio fortificato sviluppatosi in contiguità alle mura del palazzo assunse la denominazione, riferita presumibilmente alla primitiva colonia siracusana che occupava la baia (III-II secolo a.C.), di Aspálathos (Aσπάλαθος), la ginestra spinosa caratteristica dell’area. Dopo la seconda metà del VII secolo l'insediamento, sottoposto ad una condizione di instabilità geopolitica, gravitò, con alterne vicende, nell'area di influenza bizantina, per divenire stabilmente veneziano nel 1420 in seguito dell'affermazione del quasi totale predominio della Serenissima sulla costa adriatica della Dalmazia. La caduta di Venezia (1797) e la conseguente dissoluzione dello Stato da Mar, porteranno successivamente la città di Spalato alle occupazioni napoleoniche ed asburgiche e all'annessione (dopo il 1918) al nascente regno di Jugoslavia. 

Il peristilio prima degli interventi di restauro (1890-1900)


Tale complessità, al di là dell'evoluzione delle specifiche vicende storiche, si pone quale fattore qualitativo determinante nello sviluppo del nucleo urbano; la lettura delle pluralità sociali e culturali che hanno influenzato nel tempo l'evoluzione materiale dell'organismo palaziale originale, evidenzia infatti la complessa sovrapposizione di diverse stratificazioni architettoniche; all' interno del perimetro originario convivono, inseriti nel compatto spazio edilizio tipico dell'urbanistica medievale, esempi significativi di periodo gotico, rinascimentale e barocco, attigui a riempimenti edilizi ottocenteschi spesso modificati da successivi interventi di restauro, ed alle tracce delle fortificazioni venete erette a difesa della città durante il periodo della incombente minaccia militare turca; queste particolarità, formate da tessuto edilizio diffuso ed emergenze architettoniche,
si compartiscono mirabilmente all'interno della tipica distribuzione spaziale degli insediamenti veneto/dalmati, senza riuscire però ad assumere la forza sufficiente per sovrapporsi, con le loro pur significative presenze, al “cuore pulsante” del complesso monumentale, sempre rimasto saldamente costituito dai resti nodali, mausoleo e peristilio, dell'antico palazzo dioclezianeo.


Spalato, torre dell’orologio e scorcio del tessuto urbano storico (foto Carlo Nicotra)


Precedentemente alla complessa azione di restauro avviata dopo la seconda metà del XIX secolo (particolarmente incisivi gli interventi effettuati nel 1952, nel corso dei quali fu demolita la chiesa barocca di
Dušica e quelli effettuati nel 1979 in concomitanza all'iscrizione del palazzo nell'elenco dei siti UNESCO), i resti dei monumenti, emergevano da una veste urbana dimessa e caotica, ben diversa dalla pur complessa realtà odierna. Come tali venivano visitati, visti ed apprezzati da numerosi colti viaggiatori che, analogamente a Robin, sostavano a Spalato alla ricerca di immagini di ruderi idealizzanti la figura dell'imperatore che nel 305, varcando la Porta septemtrionalis, prese trionfale possesso del “suo” palazzo. In tal senso, uno dei primi e principali contributi alla rivisitazione in chiave romantica dei monumenti spalatini, si deve alla famosa descrizione pubblicata nel 1764 dall'architetto britannico Robert Adam ed alle allegate immagini elaborate dal pittore e architetto parigino Charles-Louis Clerisseau (vedi: Robert Adam, Ruins of the palace of the Emperor Diocletian at Spalatro in Dalmatia, a cura di Marco Navarra, Reggio Calabria, Biblioteca del Cenide, 2001). Il nucleo storico alla fine del XVIII secolo fu descritto anche nel resoconto di viaggio in Istria e Dalmazia effettuato da Joseph Lavallée alla fine del XVIII secolo (Voyage pittoresque et historique de l’Istrie et de la Dalmatie, Paris, Didot,1802; rist.Trieste, Libreria Antiquaria Saba, 1974) e rappresentato, nelle condizioni in cui versava in quel momento nella raccolta di litografie di Francesco Lanza (Francesco Lanza, Dell’antico Palazzo di Diocleziano in Spalato. Per servire da guida al viaggiatore che ne visita le rovine superstiti, Trieste, Tipografia del Lloyd Adriatico, 1855)


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