mercoledì 12 aprile 2017

Cattedrale di San Giusto - restauri


Facciata e campanile viste dalla via della Cattedrale (foto Carlo Nicotra)

L'assetto viario che si riscontra sino alla fine Ottocento nella parte superiore del colle di San Giusto, risulta corrispondente, nelle sue direttrici principali, a quello esistente in periodo romano e successivamente nel borgo murato medievale. I tracciati delle attuali vie Donota e Cattedrale costituivano un asse che, probabile prolungamento del cardus maximus, concludeva il suo percorso sul fondale scenografico dei propilei dando accesso alla sommità del colle e all'area dei grandi edifici pubblici cittadini.
La permanenza della forma urbis contribuì, in epoca bizantina ed altomedievale, al mantenimento di una forte connotazione funzionale e simbolica del sito e della sua vocazione di cuore religioso della città. I resti del propilei costituirono la base per lo sviluppo dell'aula paleocristiana del V secolo e per lo sviluppo, in periodo medievale, delle due chiese parallele di Santa Maria e San Giusto; esse furono a loro volta, elemento costituente della realizzazione trecentesca dell'impianto basilicale a cinque navate che tuttora persiste.


Navata centrale della cattedrale (foto Carlo Nicotra)

La realizzazione della nuova cattedrale, portata a termine nel 1343 con la costruzione del campanile, derivò dalla fusione dei due edifici, operata con una serie di interventi di parziale demolizione e di ricucitura e completata dalla realizzazione, quale elemento unificante, della facciata con rosone.


Particolare del campanile - statua di San Giusto del XIV secolo ed inserti lapidei riutilizzati (foto Carlo Nicotra) 

La scelta delle autorità religiose dell'epoca, di riutilizzare parte del patrimonio esistente, evitando l'onerosa realizzazione di un nuovo edificio basilicale, permise di conservare parte delle testimonianze storico artistiche delle due chiese, ma fece nascere una fabbrica di notevole complessità architettonica e fragilità strutturale.



Capitello della navata sinistra della cattedrale (foto Carlo Nicotra)


Queste particolarità portarono l' edificio, dal 1343 in poi, ad una costante necessità manutentiva che, in alcuni casi, coinvolse la quasi totalità della struttura. Ai lavori effettuati nel 1421, quando venne rifatta ed abbassata la cuspide del campanile, seguirono, prima dell'avvio dei restauri ottocenteschi, una lunga serie di interventi di trasformazione e manutenzione. La precaria condizione della chiesa fu descritta nel 1842 da Pietro Kandler, conservatore per il Litorale della neo costituita “imperial regia commissione centrale per lo studio e la conservazione dei monumenti”; di conseguenza il 27 luglio 1843, come annota in proposito Luigi de Jenner “...venne dato principio all'atterramento dell'abside di S. Giusto...”. Con tale demolizione, resa necessaria dallo stato di conservazione delle strutture, iniziò una serie di contestatissimi restauri che ottennero scarsi risultati e contribuirono a moltiplicare, invece che risolvere, le problematiche dell'edificio. Anche il concorso, indetto nel 1887 per la risistemazione della facciata e del campanile, non diede esiti positivi, i risultati tecnici ottenuti non furono ritenuti degni di attuazione e la conservazione della basilica venne nuovamente confinata all'esecuzione di sporadici interventi.


La cattedrale, il campanile ed il sagrato in un'immagine ottocentesca
(foto archivio del Comune di Trieste) 

Nel 1905 il soffitto ligneo della navata centrale fu interamente rifatto, ma il restauro completo della cattedrale doveva attendere il 1929, quando Ferdinando Forlati, subentrato nel 1926 a Giacomo De Nicola alla guida della Soprintendenza, iniziò i lavori di recupero dell'impianto principale e degli edifici collegati: campanile, battistero e chiesetta, ex cappella cimiteriale, di San Michele al Carnale. Il primo intervento venne finalizzato alla valorizzazione dei resti romani dei propilei, siti all'interno del campanile, che furono parzialmente ricomposti e resi visibili tramite la realizzazione di una nicchia sotterranea collegata con un ingresso sito nel contiguo orto Lapidario. I restauri interessarono successivamente la navata di San Giusto, dove la ricollocazione del pavimento alla quota originaria, permise di riportare alla luce il sedile semicircolare per i diaconi, collocato ai piedi dell'abside. Furono poi recuperate le decorazioni ad affresco dell'absidiola di San Nicolò e restaurata la cupola al di sopra del transetto. Un'altra operazione di grande impatto, riguardò la totale ricostruzione della grande abside manomessa dagli interventi del 1843; dopo l'intervento edilizio, essa venne completata con il rifacimento dell'immagine a mosaico raffigurante l' incoronazione della Vergine, motivo già presente nell'originale affresco quattrocentesco. L'opera, affidata nel 1927 all'artista veneziano Guido Cadorin, venne inaugurata il 3 novembre 1933. Completati i restauri interni, il Forlati intervenne sulle parti esterne, riportando la pietra a vista sulla facciata della basilica, e risistemando il campanile e gli altri due edifici adiacenti, mentre lo spazio del sagrato fu rimodellato ed abbassato alla quota originaria. 



Articolo relativo ai restauri della Cattedrale di San Giusto


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