lunedì 28 maggio 2018

Castello di Tures

burg taufers
Castello di Tures (foto Carlo Nicotra)

Il Castello di Tures (Burg Taufers) è situato alle spalle dell'abitato altoatesino di Campo Tures (Sand in Taufers) sulla sommità dell'altura, bagnata dal torrente Aurina, già sito, dal XII secolo, di una precedente rocca. Citato per la prima volta da fonti documentali nel 1225 con il nome di “Castel Tures” e quale proprietà dei signori di Taufers ministeriali della chiesa vescovile di Bressanone, si sviluppò dall'originale mastio con torre d'abitazione e granaio, in un articolato complesso che trovò la sua forma definitiva solo dopo la metà del secolo XVI. Mai coinvolto in azioni militari di rilievo, fu lungamente adibito a residenza e corte di diverse famiglie nobiliari e dopo il 1504, venne ampliato nelle sue strutture abitative, rappresentative e difensive dai signori di Fieger che ne fecero innalzare l'ala sud ovest. 

Castello di Tures (foto Llorenzi)

La struttura venne utilizzata sino all'inizio del secolo XIX, poi venne abbandonata, cadendo progressivamente in rovina. L'aspetto attuale del castello è dovuto all'intervento effettuato nel 1907 da Ludwig Lobmayr e da quello avviato dall'abate Hieronimus Gassner, procuratore generale dell'ordine dei benedettini austriaci, che lo acquistò nel 1953, ne risanò le mura e fece riedificare la torre. Nel 1977 l'edificio fu rilevato dall'Associazione dei Castelli dell'Alto Adige (Südtiroler Burgeninstitut) che si attivò per l'esecuzione di diverse opere di restauro e manutenzione dei paramenti murari delle facciate, degli interessanti ambienti interni e degli arredi.


Castello di Tures, sale interne (Südtiroler Burgeninstitut)




martedì 22 maggio 2018

Castello di San Servolo

San Servolo
Castello di San Servolo (foto Carlo Nicotra)

Il castello di San Servolo (
Grad Socerb in sloveno, Schloss Sankt Serff in tedesco) è situato in territorio sloveno sulla sommità di una rupe incombente sul golfo di Trieste. Il nucleo originario della costruzione è presumibilmente databile al IX secolo ma la struttura, teatro di numerosi episodi bellici, fu più volte distrutta, ricostruita e ampliata nel corso dei secoli successivi. Il castello fu controllato dai veneziani dal 1463 per passare poi in proprietà alla nobiltà locale. L'aspetto attuale dell'edificio è riconducibile all'intervento effettuato nel 1924 dal barone triestino Demetrio Economo ed ai restauri effettuati nel secondo dopoguerra.

Immagine del castello di San Servolo tratta da "Die Ehre des Hertzogthums Crain" di Janez Vajkard Valvasor (1689)


giovedì 17 maggio 2018

Palazzo Gopcevich


Trieste
Trieste, palazzo Gopcevich (foto Carlo Nicotra)

Palazzo Gopcevich venne realizzato tra il 1847 ed il 1850 sulla sponda nord del Canal Grande, asse urbano che, collegando il lungomare cittadino alla parte centrale del Borgo Teresiano, costituiva il cuore della parte attiva della Trieste ottocentesca.


palazzo Gopcevich
Trieste Canal Grande, a sinistra palazzo Gopcevich, sulla destra palazzo Carciotti e sullo sfondo la chiesa di Sant'Antonio (foto Carlo Nicotra)
Trieste Canal Grande
Trieste, palazzo Gopcevich, il prospetto principale sul canale (foto Carlo Nicotra)

Spiridione Gopcevich (1815 – 1861), facoltoso armatore e commerciante austriaco di origini serbe, commissionò il progetto all'architetto Giovanni Berlam che sviluppò uno dei primi esempi cittadini di architettura eclettica. La facciata, riecheggiante forme architettoniche del Quattrocento lombardo, decorata con riprese ornamentali tipiche dei palazzi veneziani e trattata con motivi geometrici bicromatici, costituiva la parte rappresentativa dell'edificio; gli spazi funzionali, che si estendevano sino alla retrostante via Machiavelli, furono organizzati per ospitare l'abitazione della famiglia nonchè gli uffici e magazzini della connessa attività imprenditoriale. Il palazzo venne abitato dai Gopcevich per circa venti anni, poi venne suddiviso in due parti divenendo, nel 1921, sede della Compagnia di Assicurazioni Danubio e nel 1928, della Cassa Marittima Adriatica. Nel 1999, dopo un attento restauro, l'edificio venne acquisito dal Comune di Trieste che allestì gli spazi interni quale sede del Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl e per altre attività culturali.




giovedì 10 maggio 2018

Il Politeama Rossetti

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Trieste, il Politeama Rossetti dall'Acquedotto (Viale XX settembre)

Trieste, nella seconda metà dell'Ottocento si trovava in una fase di vivace espansione urbana che iniziava a varcare la barriera dei torrenti, sino a quel momento, limite fisico ai compatti insediamenti della città teresiana. A monte del nuovo Borgo Chiozza, si strutturava l'arteria della Corsia Stadion e nasceva la Via dell'Acquedotto, che prendeva il nome dal canale in pietra romano, distrutto dai Longobardi e ricostruito nel 1750, regnante Maria Teresa. 


Trieste, la Via dell'Acquedotto (il "Viale") in una foto d' epoca

La sistemazione, nel 1808 della passeggiata alberata che portava all'ameno sito periurbano del Boschetto ed alla relativa Caffetteria (1830), trasformava il “Viale” in una promenade, identificata ben presto nell'uso comune, nell'immaginario collettivo e nelle citazioni letterarie quale uno dei principali punti di ritrovo e svago della città (...una sera, al principio di gennaio, il Balli, con un infinito malumore, camminava soletto lungo l’Acquedotto... - Senilità, Italo Svevo 1898). Fu in questo luogo, particolarmente vocato all'insediamento di attività ricreative che, nel 1877, la Società anonima (per azioni), formata da un gruppo di finanzieri triestini, facenti capo al barone Emilio de Morpurgo, azionista di rilievo del Lloyd di assicurazione e navigazione, scelse di realizzare una nuova importante sala teatrale cittadina conferendone l'incarico di progettazione all'ingegnere ligure Nicolò Bruno. La scelta si rivelò indicativa in merito alle caratteristiche da dare al futuro edificio; il Bruno infatti, dotato di precedenti esperienze relative alla costruzione di edifici teatrali, tra cui il teatro Gustavo Modena di Sanpierdarena ed il Politeama di Genova (1868-1871), ripropose, sfruttando il modello genovese, l'idea della polifunzionalità e della conseguente possibilità, derivata dall'ampiezza e dalle caratteristiche tecniche del palcoscenico, di ospitare qualsiasi tipo di spettacolo teatrale. Il suo progetto, firmato congiuntamente all'architetto Giovanni Scalmanini, venne approvato dal podestà di Trieste Massimiliano D'Angeli il 26 settembre 1877 e la realizzazione dell'edificio, operata dall'impresa dell'ingegnere Giovanni Righetti, pure lui come lo Scalmanini, di origine ticinese, impegnò, unitamente all'acquisto degli oltre quattromila metri quadrati di terreno necessari, la somma complessiva dei trecentomila fiorini sottoscritti dalle azioni emesse dalla società. Il Politeama, dedicato alla memoria del mecenate triestino Domenico Rossetti De Scander, fu realizzato in poco più di un anno; venne inaugurato il 27 aprile 1878, ma il suo pieno inserimento nel panorama della realtà culturale cittadina non fu immediato e neppure esente da ampie critiche da parte della stampa locale che contestavano la sua “posizione un po' scomoda” e la povertà di alcune scelte estetiche. 


Politeama Rossetti, ingresso al livello del foyer/platea e scala diagonale (foto Carlo Nicotra)

La struttura in realtà conteneva diverse soluzioni costruttive interessanti sia nella sua impostazione architettonica sia nell'attuazione di alcune soluzioni funzionali; inserito nel contesto stilistico dell'eclettismo, che al tempo caratterizzava i più importanti edifici cittadini, il Politeama presentava dei prospetti dalle forme eleganti che ben si adattavano, grazie anche all'inserimento di una particolare scalinata diagonale, al terreno in forte dislivello tra la pianeggiante Via dell'Acquedotto (ora Viale XX settembre) ove era stato collocato l'ingresso principale e la soprastante via Crispi; il Bruno ottenne di mediare l'inevitabile sfalsamento altimetrico tra accesso e foyer/platea operando sullo stretto rapporto tra l'impostazione delle facciate sud ed ovest e l'apparato distributivo interno.


Politeama Rossetti facciata
Politeama Rossetti, prospetto su Viale XX Settembre (foto Carlo Nicotra)

Gli altri fattori caratterizzanti erano costituiti dalla larghezza (25 metri) del palcoscenico, dalla particolare capienza della sala (diametro massimo di 31 metri), che poteva originariamente ospitare 5000 spettatori seduti e dalla cupola apribile che sovrastava la platea; questa soluzione conteneva un probabile riferimento al Politeama genovese che funzionò, per parecchi anni, privo di copertura. L'aspetto attuale del Politeama triestino corrisponde però solo parzialmente all'immagine creata dal Bruno; la storia dell'edificio e conseguentemente il suo aspetto e le sue funzionalità, vennero infatti caratterizzate principalmente dai tre significativi interventi di restauro avviati nel corso del Novecento. Nel 1928 la Società proprietaria, per risolvere una serie di problematiche funzionali, commissionò alcune importanti opere che ne coinvolsero quasi tutto l'assetto interno; la progettazione venne affidata all'architetto Umberto Nordio che si avvalse della collaborazione dell'architetto Aldo Cervi, dello scultore Marcello Mascherini e del decoratore Emilio Magliaretta. I principali interventi effettuati riguardarono la drastica riduzione dei posti a sedere, il rifacimento della cupola con l'eliminazione del meccanismo di apertura, la realizzazione dello scalone nell'atrio e la revisione di tutto l'apparato decorativo della sala e del foyer. Nel 1937, Il fallimento della società proprietaria, portò alla vendita all'asta dell'immobile che venne rilevato dal Banco di Sicilia e successivamente ceduto alla società facente capo all'industriale Giorgio Sanguinetti. La sala fu provvisoriamente ridotta ad uso cinematografico, poi utilizzata dal Governo militare alleato nel dopoguerra, per continuare l'attività sino al 1956, quando venne definitivamente chiusa. La ripresa delle attività al Politeama avvenne parecchi anni più tardi, in seguito alla mutata situazione complessiva delle sale teatrali cittadine. 


Trieste, Teatro Nuovo (foto archivio Comune di Trieste)

La demolizione, decisa nell'estate del 1962, del Teatro Nuovo di via Giustiniano, incompiuto edificio facente parte della Casa centrale del Balilla (1934), portò ad un importante intervento economico da parte della direzione del Lloyd Adriatico di Assicurazioni finalizzato a ridare una sede al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia che operava da anni nel dismesso teatro. Dopo la demolizione del 1962, effettuata per realizzare la nuova sede RAI, la programmazione delle stagioni di prosa dello Stabile Regionale trovò provvisoriamente posto (protraendosi sino agli anni Ottanta) negli spazi funzionali, ma ridotti, del “Teatro Auditorium”, ex “salone dei rapporti” della Casa del fascio di Trieste (ora Questura).


Trieste, ex Casa del Fascio, ora Questura; edificio sede della sala dell' Auditorium (foto Carlo Nicotra)

L'operazione avviata dal Lloyd nel 1967 con l' acquisto, dagli eredi Sanguinetti per la somma di 150 milioni di lire, dell'edificio di Viale XX Settembre, proseguì con la realizzazione degli interventi necessari per riportare il Politeama all'uso teatrale. I lavori, progettati, come nei restauri del 1928, dall'architetto Umberto Nordio ed eseguiti dall'impresa Edile Adriatica, facente capo allo stesso Lloyd proprietario, vennero ultimati in circa un anno, consentendo di inaugurare la struttura restaurata il 9 giugno 1969. Nell'occasione, tra le altre opere eseguite, venne rifatto il piano inclinato della platea e furono sostituite le sedute delle gallerie, vennero recuperati gli spazi, situati a livello Viale, della vecchia mensa comunale, per adibirli a falegnameria e laboratori scenografici. Nel 1989, dopo venti anni di gestione operata dal Teatro stabile di prosa per conto del Lloyd Adriatico, il Politeama venne acquistato dal Comune di Trieste con il sostegno economico di uno specifico contributo regionale e venne dato il via ad una nuova lunga serie di interventi volti a modificare l'estetica e la funzionalità dell'edificio. Le opere di riqualificazione da eseguire, che comprendevano gli adeguamenti edilizi ed impiantistici relativi alle intervenute normative di sicurezza sui locali di pubblico spettacolo e una serie di interventi atti a migliorare sia la fruibilità da parte del pubblico, che il funzionamento delle attrezzature teatrali, vennero pianificate con uno studio di fattibilità redatto, nel 1994, dallo studio di architettura Celli e Tognon; le opere previste, suddivise in diversi lotti, in gran parte gestiti direttamente dagli uffici tecnici del Comune, iniziarono poco dopo l'approvazione dello studio di fattibilità, per protrarsi sino al 2007. ll lotto di maggiore impatto, che rese necessaria la chiusura del teatro dal luglio del 1999 all'aprile del 2001, prevedeva un importo di oltre otto miliardi di lire; fu progettato dagli architetti Luciano Celli e Marina Cons e realizzato dall'impresa Nostini di Roma. Le condizioni nelle quali si svolsero i lavori, ed in particolare la gestione della tempistica degli interventi, furono causa di un decennale contenzioso tra impresa esecutrice e Comune di Trieste. 


Politeama Rossetti, ingresso a livello platea /foyer e piano superiore con la sala Bartoli  (foto Carlo Nicotra) 

Alla conclusione definitiva delle opere, il Politeama si ritrovò con due nuove funzionalità che si andavano ad aggiungere alla sala principale da 1530 posti: un secondo spazio per spettacoli, dedicato all'ex sindaco Gianni Bartoli, che con i suoi 128 posti venne riservato soprattutto alla programmazione di drammaturgia contemporanea e il “Cafè Rossetti”, un ristorante in grado di accogliere 100 persone, situato al pianterreno a livello Viale ed organizzato per far coesistere l'attività di ristorazione a piccoli spettacoli e concerti (per la sua realizzazione si rese necessario lo sbancamento, quasi integrale, effettuato nel 1999, dello spazio della platea). 



Politeama Rossetti, lo sbancamento della platea (1999) per la realizzazione del "Cafè Rossetti"

Oltre alla realizzazione dei complessi adeguamenti tecnologici e di sicurezza, il restauro degli spazi della platea e delle gallerie segnò una particolare caratterizzazione estetica con gli abbinamenti cromatici di intense tonalità di blu e rosso alternate ai decori delle colonne in foglia d'oro. La volta sopra alla platea, decorata con il cielo nuvoloso opera del pittore scenografo Alessandro Starc, fu attrezzata con 1614 punti luminosi in fibra ottica riproducenti il cielo stellato.



Politeama Rossetti, la sala restaurata dopo i lavori del 1999-2001 (foto archivio del Comune di Trieste)