mercoledì 31 maggio 2017

Colle di San Giusto – evoluzione della struttura urbana (p.IV)

colle di San Giusto
Edifici siti tra la via di Donota e la via del Crocefisso, oggetto dell'intervento di recupero effettuato agli inizi degli anni Ottanta. (foto Carlo Nicotra)

Alla fine della seconda guerra Trieste si ritrovò con un patrimonio edilizio fortemente danneggiato dai bombardamenti aerei ed in una situazione di emergenza abitativa, ulteriormente aggravata dal progressivo arrivo dei profughi italiani dall'Istria e dalla Dalmazia. La città, governata dal giugno del 1945 all'ottobre del 1954 dal Governo Militare Alleato (G.M.A.), doveva far fronte, nel delicato contesto politico post-bellico, a notevoli emergenze contingenti. Particolarmente sofferente risultava l'ambito della città vecchia ove la situazione igienico sanitaria, già deteriorata in seguito agli sventramenti degli anni Trenta, era precipitata in una diffusa condizione di precaria abitabilità. Alla veloce, spesso sommaria, costruzione di alloggi nelle aree periferiche, seguì infatti un ulteriore progressivo abbandono dell'abitato storico. Le attività edilizie nell'area ripresero gradualmente alcuni anni dopo la fine della guerra; mentre sulla sommità del colle si procedeva al ripristino dei danni bellici al castello di San Giusto e la SE.L.A.D.(SEzione Lavoro Aiuto Disoccupati) operava intensamente nella realizzazione di opere di pubblica utilità, nell'area del teatro romano riprendeva, seppur parzialmente, l'esecuzione di alcuni degli interventi programmati nell'anteguerra. 


Opere di demolizione effettuate nel 1938-1939 per la costruzione della nuova sede INAIL. (archivio del Comune di Trieste)

Nel 1951 si conclusero le operazioni di acquisizione dei terreni, già avviate nel 1939, per la realizzazione della nuova sede provinciale dell'INAIL; il progetto, affidato all'architetto Romano Boico, interpretava la volontà della committenza di ottenere una sede, dotata di rappresentativa monumentalità, collocata nel contesto degli sventramenti degli anni Trenta. La volumetria dell'edificio, ampiamente derogata dagli organismi tecnici del G.M.A. e del Comune, era costituita da una piastra basamentale porticata dedicata a servizi ed ambulatori ed una torre residenziale, arretrata ed asimmetrica. Dopo un lungo contenzioso con la Soprintendenza, che mirava a limitare l'altezza della fabbrica, si procedette, tra il 1955 ed il 1957, alla realizzazione della struttura. 


palazzo comunale
Palazzo degli uffici comunali realizzato nel 1958 su progetto  degli architetti Cervi e Boico e l' adiacente, neoclassico, palazzo Costanzi. (foto Carlo Nicotra)

Contestualmente, tra il 1954 ed il 1956, lo stesso Boico, in collaborazione con l'architetto Aldo Cervi, progettò l' ampliamento degli uffici municipali; il nuovo edificio, la cui costruzione fu completata nel 1958, presentava una planimetria a corte chiusa, era collegato funzionalmente all'adiacente, neoclassico, palazzo Costanzi (arch.Pietro Nobile1815) e prospettava la massiccia struttura degli edifici municipali progettati dall'ing. Privileggi nel 1937. 


Facciata postica del palazzo comunale di Piazza Unità prima della realizzazione dell' ampliamento del 1937. (archivio del Comune di Trieste)

La successiva evoluzione di un nuovo approccio culturale, indirizzato al recupero della matrice storica della città quale schema ordinatore dell'edificato, congiuntamente allo sviluppo di un diverso quadro normativo a livello nazionale e locale, promosse l'avvio, a Trieste, come in altre realtà territoriali, di una diversa fase progettuale. Al concorso di idee per la riqualificazione del centro storico cittadino, bandito dal Comune nel 1968, che vedrà vincitori ex-aequo i gruppi coordinati da Roberto Costa e Luciano Semerani, seguì la redazione del nuovo Piano Particolareggiato del Centro Storico, divenuto operativo nel 1980 dopo un lungo iter burocratico. Il piano Semerani risultò un documento anticipatore di concetti; culturalmente derivato dagli enunciati della Carta del Restauro del 1972 e tecnicamente strutturato dai dettami della legge 457 del 1978 sul recupero dei centri storici, prevedeva la gestione del tessuto urbano in funzione delle nuove esigenze, ma prendendo atto della stratificazione storica dell'abitato. Le corrispondenze sul terreno della nuova programmazione furono palesi, ma portarono a risultati discordanti. Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, il degradato contesto urbano, situato a monte del teatro romano e nella fascia edificata compresa tra le chiese di San Giusto e Santa Maria Maggiore, venne interessato da un intervento gestito dall'Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.), mentre dal 1987 in poi, un piano di recupero denominato “Via dei Capitelli”, fu promosso dal Consorzio Imprese Edili Triestine, accolto dal Comune e approvato dalla Soprintendenza.



piazzetta Tor Cucherna
Piazzetta Tor Cucherna,edifici ristrutturati nel corso dell' intervento I.A.C.P. degli anni Ottanta. (foto Carlo Nicotra)

La materiale realizzazione delle previsioni progettuali, avviata nel 1993, venne però ben presto condizionata nella sua prosecuzione da alcuni importanti ritrovamenti archeologici. Nel 1994 il Comune avviò un'ulteriore procedura di intervento, inserita nel contesto dell'iniziativa comunitaria URBAN. Il nuovo piano, denominato “Progetto Tergeste”, interessava un'area compresa tra la via dei Capitelli, l'arco di Riccardo, la via Madonna del mare e piazza Cavana; esso prevedeva la riqualificazione del tessuto urbano storico, la sua rivitalizzazione con il reinserimento di attività artigianali e commerciali, la realizzazione di una serie di centri sociali e culturali e l'avvio di programmate ed approfondite indagini archeologiche. 


Edifici ristrutturati all'interno del perimetro del Piano di Recupero. (foto Carlo Nicotra)

All'interno del perimetro operativo vennero restaurati, ristrutturati o ricostruiti, una serie di edifici abitativi; negli edifici riattati di via San Silvestro fu realizzato il Centro antiviolenza, in quelli di via dei Capitelli la “Casa della Musica”. Nel contesto vennero anche portati a termine alcuni importanti scavi archeologici, primo tra tutti il “Progetto Crosada”, frutto di fattiva collaborazione tra Comune e Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università di Trieste. L'area della città storica fu nuovamente interessata nelle sue componenti monumentali in seguito ad un finanziamento erogato nel 1988 da parte del Fondo Investimenti ed Occupazione. Furono eseguiti, in base a progetti coordinati, interventi di riqualificazione e restauro nel Castello di San Giusto, sulle mura medievali del Giardino del Capitano, nell'Orto Lapidario, sul complesso Leo-chiesa dei SS.Sebastiano e Rocco in via San Sebastiano e sul palazzo Eisner-Civrani, sede degli archivi storici del Comune.


palazzo INAIL
Il palazzo INAIL realizzato tra il 1955 ed il 1957 su progetto dell' architetto R.Boico; a lato l' ingresso del parcheggio sotterraneo sotto il colle di San Giusto. (foto Carlo Nicotra)

L'ultimo importante intervento è nuovamente ubicato sulla via del Teatro Romano: nell'ottobre del 2015, dopo quattro anni di lavori, è stato inaugurato il parcheggio sotterraneo sviluppato orizzontalmente, con cinque livelli sovrapposti, sotto il colle di San Giusto; dal suo interno un ascensore conduce al piazzale della Cattedrale. Con il passare del tempo la Tergeste storica ha cambiato pelle ed è mutato il suo contesto sociale e culturale; la forma fisica si è adattata, gli edifici sono stati nuovamente occupati, le vie nuovamente lastricate, ma la forma urbis è stata cancellata, l'anima, il genius loci, si è progressivamente perso tra le demolizioni teresiane delle mura(1749), gli sventramenti del 1934-1939 e le ricostruzioni del dopoguerra, spesso architettonicamente attente, ma troppo spesso viziate, a monte, da una operato programmatorio pur incolpevolmente frammentario.  

giovedì 25 maggio 2017

Cattedrale di San Giusto a Trieste

Rosone
Cattedrale di San Giusto - particolare del rosone.(foto Carlo Nicotra)

La Cattedrale fu edificata sulla sommità del colle di San Giusto nel sito e sui resti di precedenti edifici romani e paleocristiani. La fabbrica, avviata all'inizio del Trecento si concluse a fine secolo, mentre il campanile venne completato nel 1343. La struttura interna, suddivisa in cinque navate, è il risultato della fusione di due preesistenti edifici religiosi: la chiesa martiriale di San Giusto e quella di Santa Maria. La facciata in pietra arenaria, dotata di un rosone in pietra bianca, venne realizzata quale elemento di unificazione delle due strutture. Sulla facciata e sul campanile si riscontrano numerosi elementi lapidei di recupero derivati dai resti del contiguo foro romano. L' edificio subì notevoli lavori di restauro e rifacimento nel 1843 e nel 1929. 


Cattedrale di San Giusto
Cattedrale di San Giusto - facciata principale e campanile. (foto Carlo Nicotra)

Cattedrale di San Giusto
Cattedrale di San Giusto - la struttura interna suddivisa in cinque navate.(foto Carlo Nicotra)


Cattedrale di san Giusto
Cattedrale di San Giusto - facciata laterale prospiciente all'area archeologica.(foto Carlo Nicotra)



martedì 23 maggio 2017

Colle di San Giusto – evoluzione della struttura urbana (p.III)

Teatro Romano
I resti del teatro romano recuperati nel 1938 durante le demolizioni dell'abitato storico (foto Carlo Nicotra) 


Mentre sulla sommità del colle di San Giusto era in corso di formazione una nuova parte della struttura urbana di Trieste, nelle contrade della città vecchia che occupavano le aree di contatto con i borghi ottocenteschi, maturava un processo di profonda trasformazione dell'abitato storico. Il “risanamento” della città vecchia, già preventivato nel piano del Lorenzetti del 1880, riemergeva prepotentemente nelle previsioni urbanistiche per la nuova Trieste fascista. La specifica variante del 1934 al piano regolatore generale, prevedeva la trasformazione degli spazi occupati dalla affollata e malsana struttura urbana antica, in uno dei luoghi rilevanti di una città concettualmente moderna, predisposta per un veloce sviluppo economico e demografico. Il documento urbanistico, che prescriveva ampie aree di demolizione e ricostruzione di strutture edilizie da attuare nell'ottica di una necessaria bonifica igienico – sanitaria, manifestava in realtà una palese matrice sociologica; il trasferimento, verso le periferie di gran parte della popolazione più povera, tradizionale occupante dell'edificato storico della città vecchia mutava, di fatto, le destinazioni d' uso delle aree in favore del terziario, del commercio e delle classi più abbienti.


Planimetria della zona di intervento con la sovrapposizione in grassetto della previsione del nuovo edificato e della nuova  viabilità ( archivio del Comune di Trieste)

Il principale nodo urbano, previsto in corrispondenza di Piazza Malta (ora largo Riborgo), nasceva quale cerniera viaria tra il Corso Vittorio Emanuele III (ora corso Italia) ed il progettato corso del Littorio. La nuova arteria, delimitata dai resti del teatro romano e dai nuovi edifici conformati all'architettura di regime, doveva percorrere tutta l'area occupata dall'ex ghetto ebraico e dal tessuto edilizio settecentesco retrostante la Piazza Unità, per arrestarsi di fronte alla via San Sebastiano ove, il vincolo emesso dagli uffici delle Belle Arti, aveva fermato le previsioni demolitorie.


Camillo Jona - Studio per la sistemazione del nuovo edificato presso il teatro romano (archivio del Comune di Trieste)
Camillo Jona - Studio per la sistemazione della nuova scalinata di Santa Maria Maggiore
(archivio del Comune di Trieste)

Nel luglio del 1934 iniziarono le operazioni di abbattimento nell'area di Riborgo ove dovevano trovare posto una serie di importanti nuovi edifici; la casa del Fascio, progettata nel 1937 dagli architetti Raffaello Battigelli e Ferruccio Spangaro e completata nel 1942, fu sede, nel dopoguerra, del Governo Militare Alleato e successivamente della Questura. 


ex casa del fascio
Edificio sede della Questura, l' ex casa del Fascio progettata da R.Battigelli e F.Spangaro nel 1937 (foto Carlo Nicotra)

L' edificio delle Assicurazioni Generali, progettato da Marcello Piacentini, uno dei teorici dell'architettura di regime, venne realizzato tra il 1935 ed il 1939 mentre, sul sedime della torre medievale di Riborgo, l' architetto Umberto Nordio realizzava, tra il 1935 ed il 1937, la cosiddetta casa alta o casa-torre (Casa Opiglia-Cernitz). 


Il teatro romano e la casa Opiglia Cernitz, la cosiddetta casa alta, realizzata tra il 1935 ed il 1937 sul sito della torre medievale di Riborgo.  (foto Carlo Nicotra)

Per completare il quadro delle “nuove” architetture che insistevano sullo snodo di Riborgo, va citata l' edificazione, avvenuta tra il 1935 ed il 1939, della sede del Banco di Napoli (progetto di Mario De Renzi). Nello stesso periodo, sul lato diametralmente opposto del corso del Littorio, il Genio Civile realizzava (1936-1941) l'edificio destinato a nuova sede dei propri uffici tecnici, mentre nel 1938 su progetto dell'ing. Privileggi veniva edificata una nuova ala dei palazzi comunali.
Nel contesto dell'esecuzione del programma di trasformazione urbana, si presentò il non trascurabile problema del recupero delle strutture del teatro romano individuate nel 1814 da Pietro Nobile sotto la compatta struttura urbana medievale. L' edificio, realizzato nel II secolo d.C. alle spalle della cinta muraria augustea, venne velocemente dissepolto, recuperato e parzialmente ricostruito tra la fine del 1937 e la seconda metà dell'anno successivo. Le operazioni archeologiche, condotte dalla Soprintendenza, si conclusero in occasione della visita effettuata da Mussolini il 18 settembre 1938.


Chiese di Santa Maria Maggiore, San Silvestro  e la scalinata di raccordo con la via del Teatro Romano (foto Carlo Nicotra)

Le ultime demolizioni effettuate interessarono le aree comprese tra la via di Donota e la chiesa di Santa Maria Maggiore, sito ove si prevedeva la costruzione della nuova sede dell'istituto nazionale fascista degli infortuni sul lavoro, ma l'avvento del conflitto mondiale bloccò l'esecuzione del progetto e di gran parte delle altre attività edilizie. Il “neonato” corso del Littorio (ora via del Teatro Romano), frutto di una programmazione legata a modelli culturali ottocenteschi mutuati nel fervore celebrativo del regime, e dai rilevanti interessi economici connessi all'operazione immobiliare, abortiva in una incompleta e frammentaria realizzazione urbana.


martedì 9 maggio 2017

Colle di San Giusto – evoluzione della struttura urbana (p.II)


Colle di San Giusto, visione aerea degli anni '50 - In primo piano il castello, alla sinistra la cattedrale e l' area monumentale ed archeologica, sulla destra il Parco della Rimembranza, sullo sfondo la città d' impianto teresiano. (foto archivio del Comune di Trieste)

Nel novembre del 1918 al termine della guerra, si insediò a Trieste l' amministrazione del governo militare, e l'apparato burocratico del Regno d'Italia sostituì gradualmente quello austriaco che aveva governato la città sino a quel momento. Tra le nuove strutture vi era l'ufficio delle Belle Arti, istituzione ideata nel 1909 da Corrado Ricci, autorità in campo archeologico, che ne fu primo direttore generale. Alla guida degli uffici di Trieste fu nominato l'architetto Guido Cirilli; egli ebbe mandato di occuparsi, con urgenza, delle complesse problematiche relative alla sistemazione dell'area monumentale del colle di San Giusto. La priorità esecutiva degli interventi, venne data alla sistemazione della zona archeologica del foro romano ed al restauro degli edifici monumentali del castello e della cattedrale. Contestualmente all'opera condotta dagli uffici del Cirilli, l'amministrazione comunale avviava (1920) l'iter per dotare la città di un nuovo piano regolatore e l'area della città vecchia di adeguati strumenti normativi. Le diverse varianti dello strumento urbanistico, redatto dall'ingegnere Paolo Grassi, furono approvate tra il 23 dicembre 1933 ed il 15 febbraio 1936, anche se la maggior parte delle opere di sistemazione nell'area monumentale vennero ideate, progettate ed eseguite in un periodo precedente. Nel 1926 il Comune, che aveva già provveduto (1924), all'acquisizione, dei terreni adiacenti al castello, diede inizio alle opere di sistemazione del colle. La vasta area denominata colle della Fornace, occupata sino all'inizio dell'800 dal cimitero militare e da quello ebraico, venne destinata alla realizzazione della nuova panoramica via d'accesso all'area e alla creazione del Parco della Rimembranza. Il parco, dedicato ai militari triestini caduti in guerra, fu completato nel 1926, la nuova arteria viaria, denominata via Capitolina, fu inaugurata e resa operativa nell'autunno del 1929. 

Lavori in corso nell'area archeologica sita tra il castello e la cattedrale (foto archivio del Comune di Trieste)

L'esecuzione di una serie di sondaggi effettuati nei luoghi ove era supposta la presenza degli edifici del foro romano, rivelarono ben presto la presenza, nell'immediato sottosuolo, di importanti reperti lapidei; conseguentemente venne dato il via ad una campagna di scavo che permise di mettere in luce, forse in modo troppo frettoloso, i resti degli antichi edifici forensi. 


L'area archeologica e la cattedrale ( foto archivio del Comune di Trieste)

L' area archeologica ed il castello (foto Carlo Nicotra)

Il progetto archeologico e di sistemazione complessiva dell'area, redatto dall'ingegnere Vittorio Privileggi e dal Soprintendente Ferdinando Forlati, venne approvato nel 1933, e i conseguenti lavori si conclusero nel maggio del 1935. Il contesto, nel quale erano stati riportati alla luce i resti romani, venne studiato al fine di creare una cornice scenografica e celebrativa che raccordasse tra loro, tramite spazi verdi ed aree pavimentate, gli edifici monumentali del castello, della cattedrale e dell'orto lapidario, includendo pure altri monumenti minori che nel frattempo erano stati collocati nel sito (monumento bronzeo dedicato ai caduti e ara celebrativa della III armata). 



colle di San Giusto
L'area monumentale contigua alla zona archeologica organizzata scenograficamente in direzione della città (foto Carlo Nicotra)

Alla sistemazione complessiva degli spazi esterni, seguì l'esecuzione delle opere di restauro effettuate sugli edifici del castello (1933-1937) della cattedrale (1929-1933) e degli edifici religiosi del battistero e della chiesa di San Michele al Carnale. Tutti questi restauri furono progettati e seguiti dal Soprintendente Ferdinando Forlati. Alla trasformazione compiuta e completata sulla sommità del colle di San Giusto non corrispose però un'analoga sorte per l'intervento da effettuarsi nella parte inferiore della città vecchia; nel luglio del 1934, il podestà, appena deliberata la specifica variante del piano regolatore, diede inizio ai lavori di demolizione di una consistente parte dell' edificato storico. In circa tre anni e mezzo, tra il 1934 ed il 1937, nella città vecchia ed altre zone limitrofe, furono abbattute case d'abitazione, edifici di culto, magazzini, negozi, causando, specie nell'area del recuperato teatro romano, una discontinuità nella struttura urbana e moltissime incongruenze urbanistiche che non ebbero mai più possibilità di essere colmate.