Nel
novembre del 1918 al termine della guerra, si insediò a Trieste l' amministrazione del
governo militare, e l'apparato burocratico del Regno d'Italia
sostituì gradualmente quello austriaco che aveva governato la città sino a quel momento. Tra le nuove strutture vi
era l'ufficio delle Belle Arti, istituzione ideata nel 1909 da
Corrado Ricci, autorità in campo archeologico, che ne fu primo
direttore generale. Alla guida degli uffici di Trieste fu nominato
l'architetto Guido Cirilli; egli ebbe mandato di occuparsi, con urgenza, delle complesse problematiche relative alla sistemazione dell'area
monumentale del colle di San Giusto. La priorità esecutiva degli interventi, venne data alla sistemazione della zona
archeologica del foro romano ed al restauro degli edifici monumentali
del castello e della cattedrale. Contestualmente all'opera condotta
dagli uffici del Cirilli, l'amministrazione comunale avviava (1920)
l'iter per dotare la città di un nuovo piano regolatore e l'area della città vecchia di adeguati strumenti normativi. Le
diverse varianti dello strumento urbanistico, redatto dall'ingegnere
Paolo Grassi, furono approvate tra il 23 dicembre 1933 ed il 15
febbraio 1936, anche se la maggior parte delle opere di sistemazione nell'area monumentale vennero ideate, progettate ed eseguite in un periodo precedente.
Nel 1926 il Comune, che aveva già provveduto (1924),
all'acquisizione, dei terreni adiacenti al castello, diede inizio alle opere di sistemazione del colle. La vasta area denominata
colle della Fornace, occupata sino all'inizio dell'800 dal
cimitero militare e da quello ebraico, venne destinata alla
realizzazione della nuova panoramica via d'accesso all'area e alla creazione del Parco della Rimembranza.
Il parco, dedicato ai militari triestini caduti in guerra, fu
completato nel 1926, la nuova arteria viaria, denominata via
Capitolina, fu inaugurata e resa operativa nell'autunno del 1929.
Lavori in corso nell'area archeologica sita tra il castello e la cattedrale (foto archivio del Comune di Trieste) |
L'esecuzione di una serie di sondaggi effettuati nei luoghi ove era supposta la presenza degli edifici del foro romano, rivelarono ben presto la presenza, nell'immediato sottosuolo, di importanti reperti lapidei; conseguentemente venne dato il via ad una campagna di scavo che permise di mettere in luce, forse in modo troppo frettoloso, i resti degli antichi edifici forensi.
L'area archeologica e la cattedrale ( foto archivio del Comune di Trieste) |
L' area archeologica ed il castello (foto Carlo Nicotra) |
Il progetto archeologico e di sistemazione complessiva dell'area, redatto dall'ingegnere Vittorio Privileggi e dal Soprintendente Ferdinando Forlati, venne approvato nel 1933, e i conseguenti lavori si conclusero nel maggio del 1935. Il contesto, nel quale erano stati riportati alla luce i resti romani, venne studiato al fine di creare una cornice scenografica e celebrativa che raccordasse tra loro, tramite spazi verdi ed aree pavimentate, gli edifici monumentali del castello, della cattedrale e dell'orto lapidario, includendo pure altri monumenti minori che nel frattempo erano stati collocati nel sito (monumento bronzeo dedicato ai caduti e ara celebrativa della III armata).
L'area monumentale contigua alla zona archeologica organizzata scenograficamente in direzione della città (foto Carlo Nicotra) |
Alla sistemazione complessiva degli spazi esterni, seguì l'esecuzione delle opere di restauro effettuate sugli edifici del castello (1933-1937) della cattedrale (1929-1933) e degli edifici religiosi del battistero e della chiesa di San Michele al Carnale. Tutti questi restauri furono progettati e seguiti dal Soprintendente Ferdinando Forlati. Alla trasformazione compiuta e completata sulla sommità del colle di San Giusto non corrispose però un'analoga sorte per l'intervento da effettuarsi nella parte inferiore della città vecchia; nel luglio del 1934, il podestà, appena deliberata la specifica variante del piano regolatore, diede inizio ai lavori di demolizione di una consistente parte dell' edificato storico. In circa tre anni e mezzo, tra il 1934 ed il 1937, nella città vecchia ed altre zone limitrofe, furono abbattute case d'abitazione, edifici di culto, magazzini, negozi, causando, specie nell'area del recuperato teatro romano, una discontinuità nella struttura urbana e moltissime incongruenze urbanistiche che non ebbero mai più possibilità di essere colmate.
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