lunedì 30 ottobre 2017

Breve storia di due monumenti

Duomo di Orvieto

Duomo
La facciata organizzata dall'architetto senese Lorenzo Maitani con uno schema tricuspidale è l'elemento  architettonico caratterizzante dell'edificio (foto Carlo Nicotra)

La costruzione del Duomo di Orvieto, chiesa episcopale dedicata a Santa Maria Assunta, venne avviata nel 1290 sul sito ove sorgevano la cattedrale di Santa Maria Prisca, allora in rovina, e la chiesa capitolare di San Costanzo con la quale l'attuale edificio condivide parte dell'impianto fondazionale. Alla posa della prima pietra, avvenuta il 13 novembre 1290, seguì la realizzazione delle navate e del transetto secondo lo schema progettuale redatto da Arnolfo di Cambio. 
Inizialmente la direzione dei lavori fu affidata a fra Bevignate da Perugia al quale subentrò, alla fine del XIII secolo Giovanni di Uguccione che introdusse le prime forme gotiche. Nel 1310 dopo una sosta nei lavori, avvenne la radicale trasformazione dell'impostazione progettuale. Venne incaricato dell'esecuzione della fabbrica l'architetto senese Lorenzo Maitani che consolidò la struttura con l'aggiunta dei contrafforti e di sei archi rampanti esterni e riconfigurò l'intero impianto utilizzando stilemi gotici, a croce latina, in sostituzione dell'abside semicircolare romanica prevista dal progetto precedente. Il Maitani, ideatore della significativa facciata tricuspidale, nel cui modello è riconoscibile l'influenza delle architetture del Duomo di Siena, seguì la costruzione dell'edificio sino al 1330, anno della sua morte. 

Duomo
Particolare del bassorilievo rappresentante il peccato originale eseguito da Lorenzo Maitani sul pilone esterno della facciata (foto Carlo Nicotra)

Dopo di lui, sino alla conclusione dei lavori avvenuta all'inizio del XVII secolo si alternarono, alla guida del cantiere, numerosi capomastri; tra questi, Vitale figlio del Maitani, Niccolò e Meo Nuti, Andrea e Nino Pisano, Andrea di Cecco, Andrea di Cione detto l'Orcagna, al quale si deve la realizzazione del rosone (1354-1380), Sano di Matteo ed Antonio Federighi che, tra il 1451 ed il 1456, modificò lo schema della facciata introducendo nel progetto le forme rinascimentali delle dodici edicole. 

Duomo
Particolare del rosone realizzato dall'Orcagna e le dodici edicole sovrapposte (foto Carlo Nicotra)

Michele Sanmicheli operò, sugli esterni, tra il 1513 ed il 1534, Antonio da Sangallo il Giovane sulla facciata e sulle pavimentazioni. A partire dal 1567 venne attuato, ad opera del capomastro Ippolito Scalza, un complesso programma di riconversione dell'apparato decorativo atto ad adeguare l'edificio al gusto manieristico dell'epoca ed ai dettami della chiesa controriformata; il successore, Curzio Testasecca, continuò le opere avviate dallo Scalza e, con il completamento delle due cuspidi mancanti (cuspide angolare destra e cuspide sinistra) concluse, all'inizio del '600, i lavori di realizzazione della facciata. 

Duomo
Facciata principale e laterale sinistra ove si evidenzia il bicromatismo delle fasce marmoree (foto Carlo Nicotra)

Nella notte del 10 dicembre 1795, le strutture del Duomo vennero gravemente danneggiate da un fulmine; il restauro venne operato dall'architetto romano Giuseppe Valadier che portò contestualmente a termine, tra il 1797 ed il 1806, un'attenta opera di ristrutturazione dell'intero edificio. Tra il 1877 ed il 1888 venne effettuato l'ultimo intervento significativo alla struttura. I lavori, condotti dagli ingegneri Carlo Franci e Paolo Zampi e dallo storico archivista Luigi Fumi attuarono la rimozione dell'apparato decorativo barocco al fine di riportare la Cattedrale alle sue originali forme gotiche.


Duomo di Siena


Cattedrale
La facciata realizzata da Giovanni Pisano nella parte inferiore e da Giovanni di Cecco nella parte sommitale (foto Carlo Nicotra)

Le prime strutture della Cattedrale di Santa Maria Assunta, o Duomo di Siena, videro la luce in un contesto già originariamente ricco di complessità urbane e di significative permanenze architettoniche. Le poche notizie relative all'origine dell'attuale fabbrica fanno risalire la collocazione dell'originale sedime costruttivo all'interno della Saena Iulia romana, sul sito ove si ergevano i principali edifici pubblici e religiosi. Dalla fine del VI secolo, dopo l'occupazione longobarda, una costruzione fortificata avrebbe ospitato, sino al 913, la residenza del Vescovo e rivolta verso est, nel luogo dell'attuale Battistero, una prima chiesa. Sul sito, riconoscibile nel toponimo medievale di Piano Sancte Mariae, iniziò, nel corso del secolo XII, la costruzione del nuovo edificio, in stile romanico, che si sovrapponeva ed inglobava parte delle strutture precedenti. All'iniziativa laica, che aveva promosso l'avvio della fabbrica della Cattedrale subentrò, a partire dal 1257, la gestione dei monaci dell'abbazia cistercense di San Galgano e da quel momento in poi la storia della costruzione e la sua evoluzione formale, vennero accuratamente documentate negli atti conservativi dell’Archivio dell’Opera del Duomo. Le continue modifiche apportate all'apparato distributivo e decorativo durante il lungo percorso temporale del cantiere, unitamente al riutilizzo di elementi architettonici preesistenti, caratterizzarono il prosieguo dell'opera ponendosi quali elementi condizionanti sia in merito alla coerenza stilistica, che della resistenza strutturale. 



Cattedrale
La cupola e il campanile inseriti nella compatta struttura urbana (foto Carlo Nicotra)

La cupola, dell'altezza di 48 metri, fu realizzata in forme romaniche nel 1263 e completata nel suo apice nel 1667, mentre le opere di ampliamento operate sull'edificio, portarono ad una significativa dilatazione, rispetto alla ipotesi progettuale originale, degli assi longitudinali e trasversali dell'intero corpo edilizio. Tra il 1284 ed il 1297 operarono alla fabbrica, interpellati dai monaci per seguire la prosecuzione dei lavori, Nicola Pisano e suo figlio Giovanni; quest'ultimo si dedicò principalmente alla realizzazione della parte inferiore del prospetto che venne organizzato sovrapponendo agli archi a tutto sesto dei portali strombati, cuspidi gotiche decorate con elementi scultorei di grande leggerezza ed eleganza. 


Cattedrale
Il fianco della navata ospita la base del campanile  caratterizzato dalla successione delle polifore e dalle fasce di marmo bicromatico (foto Carlo Nicotra)

Nel 1313 venne completata la costruzione del campanile; la struttura, alta 77 metri, caratterizzata dal cromatismo delle fasce bianco e verde dei marmi di rivestimento e da sei ordini di finestre che si sviluppavano in verticale trasformandosi da monofore a esafore, manteneva i caratteri stilistici romanici propri della parte più antica del Duomo. Nei primi anni del Trecento veniva operato l'ampliamento del transetto ed il prolungamento del coro, mentre pochi anni più tardi, nel 1339, in un momento particolarmente favorevole per la storia economica della città, si dava il via all'ambizioso progetto di ampliamento che, curato da Lando di Pietro e Giovanni d’Agostino, prevedeva la realizzazione di una nuova grande cattedrale della quale la struttura esistente avrebbe costituito il braccio corto trasversale. La peste del 1348 e le notevoli difficoltà strutturali riscontrate interruppero nel 1357 la realizzazione dell'opera, lasciandone parte incompiuta nei basamenti delle colonne inglobati nell'attuale Museo dell'Opera e sul lato sud, nell'imponente frammento murario denominato “facciatone”. Nel 1376 venne affidata a Giovanni di Cecco la realizzazione della parte superiore della facciata; egli accentuò il carattere stilistico gotico della struttura e delle decorazioni, creando un ricco apparato scultoreo e strutturale che comprendeva il rosone nelle parte centrale e una importante cuspide dorata posta quale svettante chiusura dell'assetto sommitale dell'edificio. Nel 1382 vennero realizzate le volte della navata centrale e nel corso dello stesso anno il Duomo risultava di fatto completato. La tipologia costruttiva e decorativa impiegata, proponeva molti degli elementi di passaggio tra i caratteri artistico architettonici romanici e quelli legati all'interpretazione italica del gotico, ponendo l'opera nella medesima matrice culturale che, nel corso del Trecento, ispirò pure la sostanzialmente coeva realizzazione del Duomo di Orvieto. 


Cattedrale interni
Navata centrale ed effetti cromatici dei pilastri polilobati (foto Carlo Nicotra)

Dopo l'ultimazione delle strutture, gli spazi interni si arricchirono progressivamente di importantissime opere d'arte quali la cappella Chigi o della Madonna del Voto, commissionata da Papa Alessandro VII e realizzata da Gian Lorenzo Bernini, la Libreria e la Cappella Piccolomini con l'altare realizzato da Andrea Bregno e completato, tra il 1501 ed il 1504, dall'allora giovane Michelangelo. 


Cattedrale - interni
Particolare del pulpito duecentesco realizzato da Nicola Pisano (foto Carlo Nicotra)

L'opera che ha maggiormente caratterizzato il contesto decorativo della Cattedrale, accompagnando per sei secoli, dal Trecento all'Ottocento, la realizzazione e la vita stessa dell'edificio, è però costituita dal complesso di tarsie marmoree del sistema pavimentale. 


Cattedrale - tarsie dei pavimenti
Tarsia marmorea dei pavimenti rappresentante la Strage degli Innocenti (foto Carlo Nicotra)

Composte da più di sessanta scene collocate in un programma figurativo rappresentante i vari aspetti della Salvezza, le pavimentazioni raggiunsero il loro completo assetto attorno alla metà del secolo XVI; seguì un continuo lavoro di aggiunte e restauri sino alle vaste integrazioni effettuate nel corso del secolo XIX. I problemi strutturali e costruttivi che avevano caratterizzato sin dall'inizio l'innalzamento della fabbrica, continuarono a manifestarsi nel corso della vita della struttura. Nella seconda metà del secolo XVII fu necessario provvedere alla realizzazione di 4 contrafforti in mattoni per il consolidamento del lato sinistro della navata centrale, profondamente lesionato da una serie di episodi sismici. In seguito ai gravi danni subiti nel corso del terremoto che colpì Siena il 21 maggio 1798 si rese necessaria l'esecuzione di ulteriori importanti ed esteticamente impattanti opere di consolidamento strutturale; al fine di assorbire le spinte sulle murature e per contrastare la spinta della volta della navata centrale furono infatti installate una serie di catene interne e realizzati 10 contrafforti murari. 



La Cattedrale rappresentata in una foto scattata da Giacomo Brogi intorno al 1870 (foto catalogo Brogi)

La Cattedrale restaurata venne riaperta al culto il 2 agosto 1801. Il 17 ottobre 1890, durante l' esecuzione di alcuni lavori di manutenzione, scoppiò un incendio che distrusse completamente la copertura lignea, provocò la completa fusione delle lastre in piombo che ricoprivano il tetto e causò gravissimi danni all'intero edificio. I lavori di ricostruzione, affidati nel 1891 all'architetto senese Giuseppe Partini portarono al rifacimento della copertura nel corso del 1893; il successivo completo restauro fu seguito, negli anni seguenti dall'architetto Agenore Socini subentrato nel 1895 al Partini. In seguito a questi interventi il Duomo assunse la fisionomia attuale, molto diversa, soprattutto nella copertura, rispetto all'edificio originale. Successivamente, al fine della corretta conservazione del monumento, furono effettuati ulteriori importanti interventi; tra questi da ricordare l'attento restauro della facciata effettuato tra la primavera del 2004 ed il novembre del 2006, quello di risistemazione della copertura partiniana portato a termine tra il settembre del 2005 e la fine dell'anno successivo, e le contestuali opere di consolidamento degli elementi strutturali delle navate centrali e dei contrafforti.



mercoledì 31 maggio 2017

Colle di San Giusto – evoluzione della struttura urbana (p.IV)

colle di San Giusto
Edifici siti tra la via di Donota e la via del Crocefisso, oggetto dell'intervento di recupero effettuato agli inizi degli anni Ottanta. (foto Carlo Nicotra)

Alla fine della seconda guerra Trieste si ritrovò con un patrimonio edilizio fortemente danneggiato dai bombardamenti aerei ed in una situazione di emergenza abitativa, ulteriormente aggravata dal progressivo arrivo dei profughi italiani dall'Istria e dalla Dalmazia. La città, governata dal giugno del 1945 all'ottobre del 1954 dal Governo Militare Alleato (G.M.A.), doveva far fronte, nel delicato contesto politico post-bellico, a notevoli emergenze contingenti. Particolarmente sofferente risultava l'ambito della città vecchia ove la situazione igienico sanitaria, già deteriorata in seguito agli sventramenti degli anni Trenta, era precipitata in una diffusa condizione di precaria abitabilità. Alla veloce, spesso sommaria, costruzione di alloggi nelle aree periferiche, seguì infatti un ulteriore progressivo abbandono dell'abitato storico. Le attività edilizie nell'area ripresero gradualmente alcuni anni dopo la fine della guerra; mentre sulla sommità del colle si procedeva al ripristino dei danni bellici al castello di San Giusto e la SE.L.A.D.(SEzione Lavoro Aiuto Disoccupati) operava intensamente nella realizzazione di opere di pubblica utilità, nell'area del teatro romano riprendeva, seppur parzialmente, l'esecuzione di alcuni degli interventi programmati nell'anteguerra. 


Opere di demolizione effettuate nel 1938-1939 per la costruzione della nuova sede INAIL. (archivio del Comune di Trieste)

Nel 1951 si conclusero le operazioni di acquisizione dei terreni, già avviate nel 1939, per la realizzazione della nuova sede provinciale dell'INAIL; il progetto, affidato all'architetto Romano Boico, interpretava la volontà della committenza di ottenere una sede, dotata di rappresentativa monumentalità, collocata nel contesto degli sventramenti degli anni Trenta. La volumetria dell'edificio, ampiamente derogata dagli organismi tecnici del G.M.A. e del Comune, era costituita da una piastra basamentale porticata dedicata a servizi ed ambulatori ed una torre residenziale, arretrata ed asimmetrica. Dopo un lungo contenzioso con la Soprintendenza, che mirava a limitare l'altezza della fabbrica, si procedette, tra il 1955 ed il 1957, alla realizzazione della struttura. 


palazzo comunale
Palazzo degli uffici comunali realizzato nel 1958 su progetto  degli architetti Cervi e Boico e l' adiacente, neoclassico, palazzo Costanzi. (foto Carlo Nicotra)

Contestualmente, tra il 1954 ed il 1956, lo stesso Boico, in collaborazione con l'architetto Aldo Cervi, progettò l' ampliamento degli uffici municipali; il nuovo edificio, la cui costruzione fu completata nel 1958, presentava una planimetria a corte chiusa, era collegato funzionalmente all'adiacente, neoclassico, palazzo Costanzi (arch.Pietro Nobile1815) e prospettava la massiccia struttura degli edifici municipali progettati dall'ing. Privileggi nel 1937. 


Facciata postica del palazzo comunale di Piazza Unità prima della realizzazione dell' ampliamento del 1937. (archivio del Comune di Trieste)

La successiva evoluzione di un nuovo approccio culturale, indirizzato al recupero della matrice storica della città quale schema ordinatore dell'edificato, congiuntamente allo sviluppo di un diverso quadro normativo a livello nazionale e locale, promosse l'avvio, a Trieste, come in altre realtà territoriali, di una diversa fase progettuale. Al concorso di idee per la riqualificazione del centro storico cittadino, bandito dal Comune nel 1968, che vedrà vincitori ex-aequo i gruppi coordinati da Roberto Costa e Luciano Semerani, seguì la redazione del nuovo Piano Particolareggiato del Centro Storico, divenuto operativo nel 1980 dopo un lungo iter burocratico. Il piano Semerani risultò un documento anticipatore di concetti; culturalmente derivato dagli enunciati della Carta del Restauro del 1972 e tecnicamente strutturato dai dettami della legge 457 del 1978 sul recupero dei centri storici, prevedeva la gestione del tessuto urbano in funzione delle nuove esigenze, ma prendendo atto della stratificazione storica dell'abitato. Le corrispondenze sul terreno della nuova programmazione furono palesi, ma portarono a risultati discordanti. Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, il degradato contesto urbano, situato a monte del teatro romano e nella fascia edificata compresa tra le chiese di San Giusto e Santa Maria Maggiore, venne interessato da un intervento gestito dall'Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.), mentre dal 1987 in poi, un piano di recupero denominato “Via dei Capitelli”, fu promosso dal Consorzio Imprese Edili Triestine, accolto dal Comune e approvato dalla Soprintendenza.



piazzetta Tor Cucherna
Piazzetta Tor Cucherna,edifici ristrutturati nel corso dell' intervento I.A.C.P. degli anni Ottanta. (foto Carlo Nicotra)

La materiale realizzazione delle previsioni progettuali, avviata nel 1993, venne però ben presto condizionata nella sua prosecuzione da alcuni importanti ritrovamenti archeologici. Nel 1994 il Comune avviò un'ulteriore procedura di intervento, inserita nel contesto dell'iniziativa comunitaria URBAN. Il nuovo piano, denominato “Progetto Tergeste”, interessava un'area compresa tra la via dei Capitelli, l'arco di Riccardo, la via Madonna del mare e piazza Cavana; esso prevedeva la riqualificazione del tessuto urbano storico, la sua rivitalizzazione con il reinserimento di attività artigianali e commerciali, la realizzazione di una serie di centri sociali e culturali e l'avvio di programmate ed approfondite indagini archeologiche. 


Edifici ristrutturati all'interno del perimetro del Piano di Recupero. (foto Carlo Nicotra)

All'interno del perimetro operativo vennero restaurati, ristrutturati o ricostruiti, una serie di edifici abitativi; negli edifici riattati di via San Silvestro fu realizzato il Centro antiviolenza, in quelli di via dei Capitelli la “Casa della Musica”. Nel contesto vennero anche portati a termine alcuni importanti scavi archeologici, primo tra tutti il “Progetto Crosada”, frutto di fattiva collaborazione tra Comune e Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università di Trieste. L'area della città storica fu nuovamente interessata nelle sue componenti monumentali in seguito ad un finanziamento erogato nel 1988 da parte del Fondo Investimenti ed Occupazione. Furono eseguiti, in base a progetti coordinati, interventi di riqualificazione e restauro nel Castello di San Giusto, sulle mura medievali del Giardino del Capitano, nell'Orto Lapidario, sul complesso Leo-chiesa dei SS.Sebastiano e Rocco in via San Sebastiano e sul palazzo Eisner-Civrani, sede degli archivi storici del Comune.


palazzo INAIL
Il palazzo INAIL realizzato tra il 1955 ed il 1957 su progetto dell' architetto R.Boico; a lato l' ingresso del parcheggio sotterraneo sotto il colle di San Giusto. (foto Carlo Nicotra)

L'ultimo importante intervento è nuovamente ubicato sulla via del Teatro Romano: nell'ottobre del 2015, dopo quattro anni di lavori, è stato inaugurato il parcheggio sotterraneo sviluppato orizzontalmente, con cinque livelli sovrapposti, sotto il colle di San Giusto; dal suo interno un ascensore conduce al piazzale della Cattedrale. Con il passare del tempo la Tergeste storica ha cambiato pelle ed è mutato il suo contesto sociale e culturale; la forma fisica si è adattata, gli edifici sono stati nuovamente occupati, le vie nuovamente lastricate, ma la forma urbis è stata cancellata, l'anima, il genius loci, si è progressivamente perso tra le demolizioni teresiane delle mura(1749), gli sventramenti del 1934-1939 e le ricostruzioni del dopoguerra, spesso architettonicamente attente, ma troppo spesso viziate, a monte, da una operato programmatorio pur incolpevolmente frammentario.  

giovedì 25 maggio 2017

Cattedrale di San Giusto a Trieste

Rosone
Cattedrale di San Giusto - particolare del rosone.(foto Carlo Nicotra)

La Cattedrale fu edificata sulla sommità del colle di San Giusto nel sito e sui resti di precedenti edifici romani e paleocristiani. La fabbrica, avviata all'inizio del Trecento si concluse a fine secolo, mentre il campanile venne completato nel 1343. La struttura interna, suddivisa in cinque navate, è il risultato della fusione di due preesistenti edifici religiosi: la chiesa martiriale di San Giusto e quella di Santa Maria. La facciata in pietra arenaria, dotata di un rosone in pietra bianca, venne realizzata quale elemento di unificazione delle due strutture. Sulla facciata e sul campanile si riscontrano numerosi elementi lapidei di recupero derivati dai resti del contiguo foro romano. L' edificio subì notevoli lavori di restauro e rifacimento nel 1843 e nel 1929. 


Cattedrale di San Giusto
Cattedrale di San Giusto - facciata principale e campanile. (foto Carlo Nicotra)

Cattedrale di San Giusto
Cattedrale di San Giusto - la struttura interna suddivisa in cinque navate.(foto Carlo Nicotra)


Cattedrale di san Giusto
Cattedrale di San Giusto - facciata laterale prospiciente all'area archeologica.(foto Carlo Nicotra)



martedì 23 maggio 2017

Colle di San Giusto – evoluzione della struttura urbana (p.III)

Teatro Romano
I resti del teatro romano recuperati nel 1938 durante le demolizioni dell'abitato storico (foto Carlo Nicotra) 


Mentre sulla sommità del colle di San Giusto era in corso di formazione una nuova parte della struttura urbana di Trieste, nelle contrade della città vecchia che occupavano le aree di contatto con i borghi ottocenteschi, maturava un processo di profonda trasformazione dell'abitato storico. Il “risanamento” della città vecchia, già preventivato nel piano del Lorenzetti del 1880, riemergeva prepotentemente nelle previsioni urbanistiche per la nuova Trieste fascista. La specifica variante del 1934 al piano regolatore generale, prevedeva la trasformazione degli spazi occupati dalla affollata e malsana struttura urbana antica, in uno dei luoghi rilevanti di una città concettualmente moderna, predisposta per un veloce sviluppo economico e demografico. Il documento urbanistico, che prescriveva ampie aree di demolizione e ricostruzione di strutture edilizie da attuare nell'ottica di una necessaria bonifica igienico – sanitaria, manifestava in realtà una palese matrice sociologica; il trasferimento, verso le periferie di gran parte della popolazione più povera, tradizionale occupante dell'edificato storico della città vecchia mutava, di fatto, le destinazioni d' uso delle aree in favore del terziario, del commercio e delle classi più abbienti.


Planimetria della zona di intervento con la sovrapposizione in grassetto della previsione del nuovo edificato e della nuova  viabilità ( archivio del Comune di Trieste)

Il principale nodo urbano, previsto in corrispondenza di Piazza Malta (ora largo Riborgo), nasceva quale cerniera viaria tra il Corso Vittorio Emanuele III (ora corso Italia) ed il progettato corso del Littorio. La nuova arteria, delimitata dai resti del teatro romano e dai nuovi edifici conformati all'architettura di regime, doveva percorrere tutta l'area occupata dall'ex ghetto ebraico e dal tessuto edilizio settecentesco retrostante la Piazza Unità, per arrestarsi di fronte alla via San Sebastiano ove, il vincolo emesso dagli uffici delle Belle Arti, aveva fermato le previsioni demolitorie.


Camillo Jona - Studio per la sistemazione del nuovo edificato presso il teatro romano (archivio del Comune di Trieste)
Camillo Jona - Studio per la sistemazione della nuova scalinata di Santa Maria Maggiore
(archivio del Comune di Trieste)

Nel luglio del 1934 iniziarono le operazioni di abbattimento nell'area di Riborgo ove dovevano trovare posto una serie di importanti nuovi edifici; la casa del Fascio, progettata nel 1937 dagli architetti Raffaello Battigelli e Ferruccio Spangaro e completata nel 1942, fu sede, nel dopoguerra, del Governo Militare Alleato e successivamente della Questura. 


ex casa del fascio
Edificio sede della Questura, l' ex casa del Fascio progettata da R.Battigelli e F.Spangaro nel 1937 (foto Carlo Nicotra)

L' edificio delle Assicurazioni Generali, progettato da Marcello Piacentini, uno dei teorici dell'architettura di regime, venne realizzato tra il 1935 ed il 1939 mentre, sul sedime della torre medievale di Riborgo, l' architetto Umberto Nordio realizzava, tra il 1935 ed il 1937, la cosiddetta casa alta o casa-torre (Casa Opiglia-Cernitz). 


Il teatro romano e la casa Opiglia Cernitz, la cosiddetta casa alta, realizzata tra il 1935 ed il 1937 sul sito della torre medievale di Riborgo.  (foto Carlo Nicotra)

Per completare il quadro delle “nuove” architetture che insistevano sullo snodo di Riborgo, va citata l' edificazione, avvenuta tra il 1935 ed il 1939, della sede del Banco di Napoli (progetto di Mario De Renzi). Nello stesso periodo, sul lato diametralmente opposto del corso del Littorio, il Genio Civile realizzava (1936-1941) l'edificio destinato a nuova sede dei propri uffici tecnici, mentre nel 1938 su progetto dell'ing. Privileggi veniva edificata una nuova ala dei palazzi comunali.
Nel contesto dell'esecuzione del programma di trasformazione urbana, si presentò il non trascurabile problema del recupero delle strutture del teatro romano individuate nel 1814 da Pietro Nobile sotto la compatta struttura urbana medievale. L' edificio, realizzato nel II secolo d.C. alle spalle della cinta muraria augustea, venne velocemente dissepolto, recuperato e parzialmente ricostruito tra la fine del 1937 e la seconda metà dell'anno successivo. Le operazioni archeologiche, condotte dalla Soprintendenza, si conclusero in occasione della visita effettuata da Mussolini il 18 settembre 1938.


Chiese di Santa Maria Maggiore, San Silvestro  e la scalinata di raccordo con la via del Teatro Romano (foto Carlo Nicotra)

Le ultime demolizioni effettuate interessarono le aree comprese tra la via di Donota e la chiesa di Santa Maria Maggiore, sito ove si prevedeva la costruzione della nuova sede dell'istituto nazionale fascista degli infortuni sul lavoro, ma l'avvento del conflitto mondiale bloccò l'esecuzione del progetto e di gran parte delle altre attività edilizie. Il “neonato” corso del Littorio (ora via del Teatro Romano), frutto di una programmazione legata a modelli culturali ottocenteschi mutuati nel fervore celebrativo del regime, e dai rilevanti interessi economici connessi all'operazione immobiliare, abortiva in una incompleta e frammentaria realizzazione urbana.


martedì 9 maggio 2017

Colle di San Giusto – evoluzione della struttura urbana (p.II)


Colle di San Giusto, visione aerea degli anni '50 - In primo piano il castello, alla sinistra la cattedrale e l' area monumentale ed archeologica, sulla destra il Parco della Rimembranza, sullo sfondo la città d' impianto teresiano. (foto archivio del Comune di Trieste)

Nel novembre del 1918 al termine della guerra, si insediò a Trieste l' amministrazione del governo militare, e l'apparato burocratico del Regno d'Italia sostituì gradualmente quello austriaco che aveva governato la città sino a quel momento. Tra le nuove strutture vi era l'ufficio delle Belle Arti, istituzione ideata nel 1909 da Corrado Ricci, autorità in campo archeologico, che ne fu primo direttore generale. Alla guida degli uffici di Trieste fu nominato l'architetto Guido Cirilli; egli ebbe mandato di occuparsi, con urgenza, delle complesse problematiche relative alla sistemazione dell'area monumentale del colle di San Giusto. La priorità esecutiva degli interventi, venne data alla sistemazione della zona archeologica del foro romano ed al restauro degli edifici monumentali del castello e della cattedrale. Contestualmente all'opera condotta dagli uffici del Cirilli, l'amministrazione comunale avviava (1920) l'iter per dotare la città di un nuovo piano regolatore e l'area della città vecchia di adeguati strumenti normativi. Le diverse varianti dello strumento urbanistico, redatto dall'ingegnere Paolo Grassi, furono approvate tra il 23 dicembre 1933 ed il 15 febbraio 1936, anche se la maggior parte delle opere di sistemazione nell'area monumentale vennero ideate, progettate ed eseguite in un periodo precedente. Nel 1926 il Comune, che aveva già provveduto (1924), all'acquisizione, dei terreni adiacenti al castello, diede inizio alle opere di sistemazione del colle. La vasta area denominata colle della Fornace, occupata sino all'inizio dell'800 dal cimitero militare e da quello ebraico, venne destinata alla realizzazione della nuova panoramica via d'accesso all'area e alla creazione del Parco della Rimembranza. Il parco, dedicato ai militari triestini caduti in guerra, fu completato nel 1926, la nuova arteria viaria, denominata via Capitolina, fu inaugurata e resa operativa nell'autunno del 1929. 

Lavori in corso nell'area archeologica sita tra il castello e la cattedrale (foto archivio del Comune di Trieste)

L'esecuzione di una serie di sondaggi effettuati nei luoghi ove era supposta la presenza degli edifici del foro romano, rivelarono ben presto la presenza, nell'immediato sottosuolo, di importanti reperti lapidei; conseguentemente venne dato il via ad una campagna di scavo che permise di mettere in luce, forse in modo troppo frettoloso, i resti degli antichi edifici forensi. 


L'area archeologica e la cattedrale ( foto archivio del Comune di Trieste)

L' area archeologica ed il castello (foto Carlo Nicotra)

Il progetto archeologico e di sistemazione complessiva dell'area, redatto dall'ingegnere Vittorio Privileggi e dal Soprintendente Ferdinando Forlati, venne approvato nel 1933, e i conseguenti lavori si conclusero nel maggio del 1935. Il contesto, nel quale erano stati riportati alla luce i resti romani, venne studiato al fine di creare una cornice scenografica e celebrativa che raccordasse tra loro, tramite spazi verdi ed aree pavimentate, gli edifici monumentali del castello, della cattedrale e dell'orto lapidario, includendo pure altri monumenti minori che nel frattempo erano stati collocati nel sito (monumento bronzeo dedicato ai caduti e ara celebrativa della III armata). 



colle di San Giusto
L'area monumentale contigua alla zona archeologica organizzata scenograficamente in direzione della città (foto Carlo Nicotra)

Alla sistemazione complessiva degli spazi esterni, seguì l'esecuzione delle opere di restauro effettuate sugli edifici del castello (1933-1937) della cattedrale (1929-1933) e degli edifici religiosi del battistero e della chiesa di San Michele al Carnale. Tutti questi restauri furono progettati e seguiti dal Soprintendente Ferdinando Forlati. Alla trasformazione compiuta e completata sulla sommità del colle di San Giusto non corrispose però un'analoga sorte per l'intervento da effettuarsi nella parte inferiore della città vecchia; nel luglio del 1934, il podestà, appena deliberata la specifica variante del piano regolatore, diede inizio ai lavori di demolizione di una consistente parte dell' edificato storico. In circa tre anni e mezzo, tra il 1934 ed il 1937, nella città vecchia ed altre zone limitrofe, furono abbattute case d'abitazione, edifici di culto, magazzini, negozi, causando, specie nell'area del recuperato teatro romano, una discontinuità nella struttura urbana e moltissime incongruenze urbanistiche che non ebbero mai più possibilità di essere colmate. 


giovedì 27 aprile 2017

Colle di San Giusto – evoluzione della struttura urbana (p.I)



La cattedrale di San Giusto e la parte terminale del percorso di accesso dalla città, raffigurati in una stampa ottocentesca.(archivio del Comune di Trieste)

L'identità urbanistica dell'insediamento, sorto sulla sommità del colle di San Giusto successivamente al V secolo a.C., si consolidò con lo sviluppo delle principali strutture pubbliche della Tergeste romana e, successivamente, con quello degli edifici monumentali cittadini, religiosi e militari d' epoca medievale e moderna (cattedrale e castello).



Le ampie zone inedificate circostanti la cattedrale ed il castello ed il compatto tessuto urbano sottostante rappresentate nella  mappa disegnata da Ferdinando Klausberger nel 1806 (archivio del Comune di Trieste)

A questi elementi di permanenza strutturale, si aggiunsero quelli legati alla conservazione di alcuni dei principali tracciati ordinatori del tessuto urbano e della rete viaria. Nelle principali fonti iconografiche successive al XIV secolo, che ci restituiscono un'immagine della parte sommitale del colle caratterizzata da una sostanziale stabilità nel tempo, si ritrovano gli edifici della cattedrale e del castello, sempre emergenti nel contesto dei vuoti urbani, contestuali all'esistenza di spazi verdi, coltivi, isolate costruzioni e gruppi di abitazioni attestate sui fronte strada lungo le direttrici di accesso al colle. 




L' area occupata da coltivi antistante le mura del castello ed il campanile della cattedrale.
(foto archivio del Comune di Trieste)

Questi fattori possono venir giustificati dalla presenza del castello, struttura militare di controllo della città, che ha sempre costituito un ostacolo allo sviluppo urbano degli spazi contermini, e dalla presenza della cattedrale sulla sommità del colle, che ha contribuito a mantenere vivo l' asse di accesso che, dalla parte bassa dell'abitato, risaliva lungo il percorso dell'attuale via Donota. 


Campanile della cattedrale
Campanile della cattedrale di San Giusto (foto Carlo Nicotra)

Lo stesso discorso non si può invece applicare al tessuto edilizio e viario immediatamente circostante; esso fu gradualmente soggetto ad un processo di trasformazione collegato, in gran parte, ad un progressivo insediamento di diverse istituzioni religiose e cimiteriali. Il monastero benedettino femminile di San Cipriano, fondato nel XIII secolo, si sviluppò dopo il 1426, nell'area dell'attuale via delle Monache, mentre l' insediamento dei Padri Gesuiti nel 1619, con la conseguente realizzazione della chiesa e collegio di Santa Maria Maggiore, portò a notevoli trasformazioni urbanistiche ed all'inserimento della massiccia mole barocca dell'edificio, nel contesto della minuta tessitura urbana medievale. Nell'isolato compreso tra la via del Castello, la via delle Monache e la via dell'Ospitale, sorsero gli edifici del nuovo episcopato, mentre nel 1663, negli spazi contigui delimitati a nord dalla via Rota, venne realizzata, su un sito già occupato da resti romani, una ulteriore residenza vescovile. Una ulteriore profonda trasformazione dell'area derivò dall'insediamento a Trieste dei Padri Cappuccini ed alla conseguente realizzazione, nel 1857, della chiesa e convento di Sant'Apollinare. I lavori, data la natura scoscesa del suolo, comportarono movimenti di terra di notevoli proporzioni che coinvolsero parte dei pendii nordorientali del colle. 

L' area occupata dal 1857 dalla chiesa di Sant'Apollinare e dal convento dei padri Cappuccini - particolare della mappa disegnata  nel 1912 da Michele Pozzetto (archivio del Comune di Trieste)

Le modifiche più incisive nella intera struttura della città storica, furono però quelle conseguenti alla nascita della Trieste teresiana; lo sviluppo della città emporiale diede infatti avvio alla dicotomica distinzione tra città vecchia e città nuova che i diversi tentativi di integrazione, non riuscirono mai più ad eliminare. 

Pianta topografica della città di Trieste disegnata da Gustavo Eckhardt nel 1852 ove appare il tessuto edilizio della città vecchia e la maglia ortogonale della nuova edificazione. (archivio del Comune di Trieste)

La decisione (decreto 27 novembre 1749) di abbattere la seppur vetusta cinta muraria, fu il primo atto della progressiva destrutturazione della
forma urbis storica, ed il sostanziale avvio delle trasformazioni che culmineranno negli interventi novecenteschi.



Immagine di Trieste - Il castello, le mura con le porte urbiche e le saline (da J.V. Valvasor 1689) 

Mentre il nuovo edificato, strutturato sul modello classico della griglia ortogonale, sorgeva sui siti occupati dalle saline e i resti delle torri della cinta muraria demolita, venivano riutilizzati dalla popolazione per abitazioni e botteghe, sulla sommità del colle, nel quattrocentesco spazio murato denominato Giardino del Capitano, sito cimiteriale sino al 1825, trovava esecuzione l' idea, espressa nel 1813 da Pietro Nobile, di realizzare un Museo Lapidario riferito al pensiero neoclassico di Giovanni Winckelmann. 


Struttura urbana medievale e disposizione edilizia a maglia ortogonale - particolare della mappa disegnata  nel 1912 da Michele Pozzetto (archivio del Comune di Trieste)

La dialettica, sviluppatasi nel contesto cittadino, nella seconda metà del secolo XIX in merito ai progetti di integrazione tra città vecchia e città nuova, portò alla redazione, nel 1880, di un piano regolatore che, sulla scia di altri analoghi provvedimenti urbanistici adottati in quel periodo in altri contesti urbani, ipotizzava una vasta azione di bonifica e risanamento del patrimonio edilizio storico. Il piano redatto dall'ingegnere Ettore Lorenzetti fu sottoposto, in data 21 aprile 1880, all'esame del Consiglio comunale. La mancata approvazione del documento provocò, una sostanziale sospensione di tutti gli interventi sulla città vecchia.


Articolo concernente la struttura urbana del colle di San Giusto.  

mercoledì 12 aprile 2017

Cattedrale di San Giusto - restauri


Facciata e campanile viste dalla via della Cattedrale (foto Carlo Nicotra)

L'assetto viario che si riscontra sino alla fine Ottocento nella parte superiore del colle di San Giusto, risulta corrispondente, nelle sue direttrici principali, a quello esistente in periodo romano e successivamente nel borgo murato medievale. I tracciati delle attuali vie Donota e Cattedrale costituivano un asse che, probabile prolungamento del cardus maximus, concludeva il suo percorso sul fondale scenografico dei propilei dando accesso alla sommità del colle e all'area dei grandi edifici pubblici cittadini.
La permanenza della forma urbis contribuì, in epoca bizantina ed altomedievale, al mantenimento di una forte connotazione funzionale e simbolica del sito e della sua vocazione di cuore religioso della città. I resti del propilei costituirono la base per lo sviluppo dell'aula paleocristiana del V secolo e per lo sviluppo, in periodo medievale, delle due chiese parallele di Santa Maria e San Giusto; esse furono a loro volta, elemento costituente della realizzazione trecentesca dell'impianto basilicale a cinque navate che tuttora persiste.


Navata centrale della cattedrale (foto Carlo Nicotra)

La realizzazione della nuova cattedrale, portata a termine nel 1343 con la costruzione del campanile, derivò dalla fusione dei due edifici, operata con una serie di interventi di parziale demolizione e di ricucitura e completata dalla realizzazione, quale elemento unificante, della facciata con rosone.


Particolare del campanile - statua di San Giusto del XIV secolo ed inserti lapidei riutilizzati (foto Carlo Nicotra) 

La scelta delle autorità religiose dell'epoca, di riutilizzare parte del patrimonio esistente, evitando l'onerosa realizzazione di un nuovo edificio basilicale, permise di conservare parte delle testimonianze storico artistiche delle due chiese, ma fece nascere una fabbrica di notevole complessità architettonica e fragilità strutturale.



Capitello della navata sinistra della cattedrale (foto Carlo Nicotra)


Queste particolarità portarono l' edificio, dal 1343 in poi, ad una costante necessità manutentiva che, in alcuni casi, coinvolse la quasi totalità della struttura. Ai lavori effettuati nel 1421, quando venne rifatta ed abbassata la cuspide del campanile, seguirono, prima dell'avvio dei restauri ottocenteschi, una lunga serie di interventi di trasformazione e manutenzione. La precaria condizione della chiesa fu descritta nel 1842 da Pietro Kandler, conservatore per il Litorale della neo costituita “imperial regia commissione centrale per lo studio e la conservazione dei monumenti”; di conseguenza il 27 luglio 1843, come annota in proposito Luigi de Jenner “...venne dato principio all'atterramento dell'abside di S. Giusto...”. Con tale demolizione, resa necessaria dallo stato di conservazione delle strutture, iniziò una serie di contestatissimi restauri che ottennero scarsi risultati e contribuirono a moltiplicare, invece che risolvere, le problematiche dell'edificio. Anche il concorso, indetto nel 1887 per la risistemazione della facciata e del campanile, non diede esiti positivi, i risultati tecnici ottenuti non furono ritenuti degni di attuazione e la conservazione della basilica venne nuovamente confinata all'esecuzione di sporadici interventi.


La cattedrale, il campanile ed il sagrato in un'immagine ottocentesca
(foto archivio del Comune di Trieste) 

Nel 1905 il soffitto ligneo della navata centrale fu interamente rifatto, ma il restauro completo della cattedrale doveva attendere il 1929, quando Ferdinando Forlati, subentrato nel 1926 a Giacomo De Nicola alla guida della Soprintendenza, iniziò i lavori di recupero dell'impianto principale e degli edifici collegati: campanile, battistero e chiesetta, ex cappella cimiteriale, di San Michele al Carnale. Il primo intervento venne finalizzato alla valorizzazione dei resti romani dei propilei, siti all'interno del campanile, che furono parzialmente ricomposti e resi visibili tramite la realizzazione di una nicchia sotterranea collegata con un ingresso sito nel contiguo orto Lapidario. I restauri interessarono successivamente la navata di San Giusto, dove la ricollocazione del pavimento alla quota originaria, permise di riportare alla luce il sedile semicircolare per i diaconi, collocato ai piedi dell'abside. Furono poi recuperate le decorazioni ad affresco dell'absidiola di San Nicolò e restaurata la cupola al di sopra del transetto. Un'altra operazione di grande impatto, riguardò la totale ricostruzione della grande abside manomessa dagli interventi del 1843; dopo l'intervento edilizio, essa venne completata con il rifacimento dell'immagine a mosaico raffigurante l' incoronazione della Vergine, motivo già presente nell'originale affresco quattrocentesco. L'opera, affidata nel 1927 all'artista veneziano Guido Cadorin, venne inaugurata il 3 novembre 1933. Completati i restauri interni, il Forlati intervenne sulle parti esterne, riportando la pietra a vista sulla facciata della basilica, e risistemando il campanile e gli altri due edifici adiacenti, mentre lo spazio del sagrato fu rimodellato ed abbassato alla quota originaria. 



Articolo relativo ai restauri della Cattedrale di San Giusto